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martedì 26 giugno 2012

Egitto golpito


La rivolta egiziana fu un colpo di Stato , coperto da Obama. Oggi il quadro si fa più chiaro. I generali egiziani , strettamente legati alla CIA, videro Mubarak preparare la sua successione con un figlio ; e videro anche la sua famiglia allargarsi oltre misura sul potere e sull’economia. Quindi dettero il via al “golpe”. La cronaca di più di un anno fa è nota ; i commentatori si divisero ; alcuni parlarono di rivolta popolare ; altri ( pochi ) di colpo di stato. Avevano ragione i secondi.Gli europei ,in maniera scomposta e ingenua, parlarono di primavera araba , di democrazia , di partiti e parlamento all’occidentale.


Dal momento della destituzione di Mubarak, il potere è rimasto strettamente nelle mani dei militari, che come noto non solo gestiscono tutto il sistema econmico “difesa”, ma anche un grande patrimonio immobiliare e produttivo del Paese. I generali avevano da fare una scelta ; o sostituire direttamente Mubark con uno di loro , sfidando la società civile e in particolare i “fratelli mussulmani”, unica forza politico-religiosa estesa a rete in tutto il territorio nazionale e ormai in gran parte dei Paesi islamici ; o cercare un Presidente “civile”, non ostile a loro e al loro sistema di interessi e di potere. Hanno imboccato questa seconda strada. Hanno lasciato processare Mubarak ed eliminato la sua famiglia dal potere. Hanno seguito con prudenza la piazza. Hanno eliminato dalla corsa alla presidenza tutti i candidati scomodi , con troppa visibilità o personalità. Hanno consentito l’elezione irregolare di un Parlamento , lasciato di fatto nelle mani dei “fratelli mussulmani “. E poi , in piena elezione presidenziale , le “coup de theatre” ; il Parlamento viene sciolto per gravi irregolarità elettorali; viene riammesso nella corsa alla presidenza Ahmed Chafiq, ex generale e ministro di Mubarak, dal volto buono; viene programmata l’istituzione di un’Assemblea incaricata di riscrivere la Costituzione.

I “fratelli mussulmani”, anche per loro divisioni interne avevano già ripiegato su un candidato serio , ma di seconda fila nelle loro gerarchie interne ( lo avevano definito “la ruota di scorta”) : Mohamed Morsi , ingegnere civile ,figlio di contadini con studi in America ( qualche relazione col potere di Mubarak ?). Morsi è soprattutto integrato nel movimento dei “fratelli mussulmani “ ; è stato un suo dirigente e ha fatto politica attiva , con capacità di mediazioni e di alleanze.

Le elezioni le ha vinte Morsi , ha dichiarato il capo dei militari , il maresciallo generale Hussein Tantawi , il vero padrone dell’Egitto, assieme ai suoi generali. Non poteva essere diversamente, volendo evitare una guerra civile o effettiva o strisciante. Morsi è messo alla prova : deve accettare nella forma o anche nella sostanza alcune minuscole condizioni ; il sistema della difesa interna ed esterna dipende non dal Presidente , ma dai militari ( compresa la gestione del loro immenso patrimonio ) ; i militari sono i garanti della futura vita politica egiziana, quindi devono decidere sulla nuova assemblea costituente e su regole e date per nuove elezioni legislative. Tantawi quindi controlla la “forza” ( militari e polizia ),gran parte dell’economia ( il sistema patrimoniale e produttivo militare ), la politica ( Costituzione e Parlamento ). Cosa poteva fare Morsi , se non accettare ? Fare la guerra al potere militare , ben più radicato in Egitto di quello dei” fratelli mussulmani”, e per di più “armato” ? Ha accettato e negozia .Cerca di ottenere potere di gestione per i “fratelli mussulmani”, anche per superare divisioni interne e radicalismi. Guarda pure alle altre confessioni religiose, a cominciare da quella copta , che ha subito inserito nel proprio gruppo politico. Gestisce l’adozione della “sharia” ( la Legge della Stato è solo quella coranica), cercando di darne interpretazioni egiziane e moderne , con equilibrismi teologici assai complicati . Tesse relazioni internazionali , con la premessa che i trattati che l’Egitto ha fatto saranno tutti rispettati. E Israele ? I “fratelli mussulmani” ( di cui fa parte il movimento palestinese Hamas ) sono per la scomparsa del Paese ebraico ; Morsi potrà anche desiderarlo ; ma non potrà fare nulla contro il volere dei suoi militari ; quindi si adatterà a negoziazioni, come tutti gli altri Paesi arabi. I dirigenti israeliani sembrano aver capito il senso di tutta questa storia ( e forse l’hanno anche ...controllata ) e non sembra che si strappino i capelli più di tanto.

E la piazza ? La piazza si svuoterà.

Pubblicato da "l'Occidentale" il 27 luglio 2012

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