viaaaa!!!

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martedì 22 dicembre 2020

Terra tua Liliane


 

domenica 22 novembre 2020

28 mesi fa morì Liliane Elies


 

Il porto di Liliane : con i suoi occhi.

giovedì 22 ottobre 2020

UNA VITA : di LILIANE

 Liliane se ne andò il 22 luglio 1918, 27 mesi fa. A Lei piaceva fare delle foto e in particolare piacevano i fuochi d'artificio. Ecco una foto fatta durante una festa a Concarneau. L'ho intitolata : Una vita



martedì 22 settembre 2020

26 mesi fa se ne andò

 A Liliane piaceva Alain Barrière

Ma vie









sabato 22 agosto 2020

25 mesi fa mia moglie morì



ADIEU










1892  Alfred Guillou 
( Concarneau 1844-1926 )

mercoledì 22 luglio 2020

Due anni fa te ne andasti

Ricordo : tutto.


lunedì 22 giugno 2020

Liliane non fu una borghese


23 mesi fa a 69 anni se ne andò mia moglie, Liliane . Non fu mai e in niente  una "borghese".


Risultati di ricerca


Risultato Knowledge

Les bourgeois

Le coeur bien au chaud
Les yeux dans la bière
Chez la grosse Adrienne de Montalant
Avec l'ami Jojo
Et avec l'ami Pierre
On allait boire nos vingt ans
Jojo se prenait pour Voltaire
Et Pierre pour Casanova
Et moi moi qui étais le plus fier
Moi moi je me prenais pour moi
Et quand vers minuit passaient les notaires
Qui sortaient de l'hôtel des "Trois Faisans"
On leur montrait notre cul et nos bonnes manières
En leur chantant
Les bourgeois c'est comme les cochons
Plus ça devient vieux plus ça devient bête
Les bourgeois c'est comme les cochons
Plus ça devient vieux plus ça devient...
Le coeur bien au chaud
Les yeux dans la bière
Chez la grosse Adrienne de Montalant
Avec l'ami Jojo
Et avec l'ami Pierre
On allait brûler nos vingt ans
Voltaire dansait comme un vicaire
Et Casanova n'osait pas
Et moi moi qui restait le plus fier
Moi j'étais presque aussi saoul que moi
Et quand vers minuit passaient les notaires
Qui sortaient de l'hôtel des "Trois Faisans"
On leur montrait notre cul et nos bonnes manières
En leur chantant
Les bourgeois c'est comme les cochons
Plus ça devient vieux plus ça devient bête
Les bourgeois c'est comme les cochons
Plus ça devient vieux plus ça devient c...
Le coeur au repos
Les yeux bien sur terre
Au bar de l'hôtel des "Trois Faisans"
Avec maître Jojo
Et avec maître Pierre
Entre notaires on passe le temps
Jojo parle de Voltaire
Et Pierre de Casanova
Et moi moi qui suis resté le plus fier
Moi moi je parle encore de moi
Et c'est en sortant vers minuit Monsieur le Commissaire
Que tous les soirs de chez la Montalant
De jeunes "peigne-culs" nous montrent leur derrière
En nous chantant
Les bourgeois c'est comme les cochons
Plus ça devient vieux et plus ça devient bête
Disent-ils Monsieur le commissaire
Les bourgeois
Plus ça devient vieux et plus ça devient c...
https://lyricstranslate.com/it/les-bourgeois-i-borghesi.html

sabato 20 giugno 2020

LO SPORTELLISTA

Lo sportellista dei servizi pubblici è rimasto malato di corona-virus. Chi è lo sportellista? Quello che riceveva il pubblico o i clienti. Quali sono i servizi pubblici? Quelli pubblici in senso stretto (sportelli comunali, scolastici, sanitari, fiscali ecc.) o in senso largo (bancari, telefonici, energetici, ecc. ).
Lo sportellista durante la “chiusura” dovuta all’epidemia, è rimasto bloccato in casa con i suoi cari e non ha lavorato, nella maggior parte dei casi continuando a prendere lo stipendio, lavoricchiando da casa con il computer. In genere si è trovato bene e ha preso nuove abitudini; è divenuto “rentier”, che può vivere di rendita, senza dover rendere conto a nessuno, o quasi. Forse ha pagato un po’ la compressione familiare, ma poca roba rispetto alle otto ore di lavoro in ufficio.
Anche i capi degli sportellisti erano a casa; loro smaneggiavano un po’ di  più sulle tastiere del computer; ma insomma, senza esagerare. E, miracolo, quasi tutto funzionava; provvisoriamente, ma funzionava. Tutti hanno accettato la chiusura degli “sportelli” e si sono arrangiati.
Poi c’è stata la riapertura, con nuove regole per gli sportellisti e per gli utenti-clienti; regole che hanno naturalmente alleggerito il lavoro degli sportellisti e aumentato le pene degli utenti-clienti, i quali hanno dovuto prendere appuntamenti con numeri di telefono morti,  con date di appuntamento, finalmente rimediate, a sette dieci giorni di distanza. Arrivati all’appuntamento si sono dovuti mettere in fila, in genere all’aperto davanti agli uffici, in piazze o marciapiedi. Arrivato il loro turno, l’incontro spesso si è risolto in un “ritorni”, manca una carta.
Gli sportellisti spesso sono diminuiti, forse per evitare il pericolo del contagio, nonostante tutte le previdenze possibili e immaginabili; e i clienti-utenti, aumentati, dati i mesi di attesa, e provvisoriamente protetti con interventi di amici, parenti e con rinvii di scadenze possibili. Quindi la pena per ottenere il servizio dovuto e richiesto è progressivamente aumentata. Gli sportellisti sono impiegati pubblici o assimilabili (esercitando un servizio pubblico); gli utenti-clienti in genere sono poveri, vecchi o bisognosi, ma anche cittadini che chiedono di far valere un loro diritto.
In “sanità” gli utenti-clienti vengono chiamati pazienti; pazienti perché devono subire il dolore e devono far passare con sopportazione il tempo per il recupero dalla malattia; così si pensava; invece devono essere pazienti soprattutto di fronte alla prepotenza di un sistema che li strapazza; mentre dovrebbe essere a loro servizio e non l’inverso.
Esempi? Ero in centro senza bancomat; sono andato alla sede della mia banca per prelevare soldi (miei); ho visto una fila davanti alla porta del bel palazzetto ove è situata la banca. Mi sono messo in attesa. Gli altri erano o vecchietti come me, o parenti di vecchietti che non potevano uscire e che dovevano o pagare o prelevare. Quindi, con la mia unica eccezione, tutta “povera gente”. Dopo un quarto d’ora circa si è presentata alla porta una grassottella occhialuta della Banca: “Avete un appuntamento?” “No!”, in coro. “E allora tornate a casa!”; urli, mugugni e proteste; ma disciplinatamente la fila si è sciolta, salvo qualcuno che era riuscito a prendere appuntamento. Eppure la Banca ha una grande hall con 4 sportelli, tre normalmente funzionanti. Ora la sala sportelli è tenuta vuota e gli sportelli si sono ridotti a uno; a causa del corona virus (?).
Sono allora andato in giro; di fronte a tutte le banche che ho trovato c’erano file sui marciapiedi. Mi sono tornate in mente scene del dopoguerra; e anche di alcuni palazzi ministeriali africani; c’è attualmente in Italia un refrain che avevo trovato in Africa 50 anni fa. “Posso avere questo?” “No; ça manque”, “E quando lo posso trovare?”  “Demain”. E il demain restava fisso. Già: demain. Intanto, tu, cliente-utente, e per di più povero, cerca di sopravvivere e non dar noia.
Oppure: una donna madre prende appuntamento e va al patronato della cisl per fare il certificato isee, che le serve per gli studi del figlio. La sportellista dice che è necessario un documento con cui si dimostri che il padre non sovvenziona il figlio. La madre dice che il padre è scappato e non sa neppure dove sia, da più di venti anni (aveva sempre avuto l’isee negli anni precedenti). La sportellista indirizza la madre agli sportelli dei servizi sociali della asl, dove ci sono file interminabili e dove bisogna prendere un nuovo appuntamento. Di sportello in sportello. Nel frattempo gli eventuali  benefici previsti per il figlio rischiano di decadere.

Episodi di vita corrente in Italia e nell’Italia del dopovirus.

Molti sportellisti, forti della loro inamovibilità pubblica, stanno tiranneggiando gli utenti-clienti, nella incapacità (o impotenza) manageriale dei loro capi; siamo in un momento di emergenza, in cui le previsioni fanno pensare a una povertà dilagante. E sono per lo più i poveri ad aver bisogno degli sportelli.
Ma in questi due mesi di epidemia è stata anche dimostrata la utilità marginale del contenuto del lavoro degli sportellisti; essi ormai erano diventati più agenti di pubbliche relazioni (che spesso non sapevano fare, ma che potevano diventare una prospettiva professionale), che lavoratori per i servizi al pubblico. Quindi è ormai possibile la loro progressiva emarginazione, fino alla soppressione del loro lavoro e delle grandi e costosissime sale che occupano. E la loro frequente arroganza, basata sul principio “anche oggi sono riuscito a non lavorare”, rischia di trasformarsi in un pericoloso boomerang; anche perché se la ricerca di una efficienza aziendale si unisce alla protesta del popolo utente-cliente, povero e vecchio, (oggetto di soprusi del tutto inopportuni in una società che è stata opulenta), potrà succedere che le tanto declamate misure antiburocratiche si concretizzino proprio nel cominciare ad eliminare gli sportelli: che si palleggiano la gente, come in uno stupido gioco kafkiano.
Pubblicato su MOONDO il 16 giugno 2020

venerdì 22 maggio 2020

LA CALLAS PER LILIANE



22 MESI FA
SE NE ANDO' LILIANE ELIES








mercoledì 22 aprile 2020

I quadri di Liliane


 A Liliane piaceva questa tela di Bernard Morinay
Un ricordo delle Sue terre

venerdì 3 aprile 2020

Campbell Hauser "Torna a sorriento"


Hauser Campbell " Csaradas"


Notte stellata


domenica 22 marzo 2020

20 MESI FA


Liliane
E quindi uscisti "a riveder le stelle" 
( Dante Divina Commedia )



Nuit étoilée Van Gogh

sabato 21 marzo 2020

Ci sposammo

50 ANNI FA



sabato 22 febbraio 2020

La notte di Liliane



Nocturne

Le ciel s'éteint, tout va dormir
Je songe à des choses passées ;
C'est à la fois peine et plaisir.
La veilleuse du souvenir
S'allume au fond de mes pensées.

J'entends des pas, j'entends des voix,
Des pas furtifs, des voix lointaines
C'est peine et plaisir à la fois.
On dirait le frisson des bois
Sur le coeur tremblant des fontaines.

Des formes traversent la nuit,
Formes noires et formes blanches...
Où vont-ils et qui les conduit,
Ces passants qui passent sans bruit,
Comme la lune entre les branches ?

Le vent d'une ombre m'a frôlé...
Fantôme d'enfant ou de femme ?
Sur la veilleuse il a soufflé
Quelque chose d'inconsolé
S'est mis à pleurer dans mon âme.

Anatole LE BRAZ

1859 - 1926


mercoledì 22 gennaio 2020

La Bretonne

Bretoni nascono
e muoiono
con l’acqua del mare 
intorno al cuore”
(antico adagio popolare)

foto di Liliane Elies


giovedì 16 gennaio 2020

“HAMMAMET” : IL COSO DI GIANNI AMELIO




Non è un film.
Non è un documentario.
La sceneggiatura è un foglio raccartocciato.
Si tratta di episodi incollati attorno alla figura immaginata degli ultimi giorni di vita di un presunto Bettino Craxi . Ma perché presunto ? O era lui ( e bisognava dirlo e rispettare i fatti ) ; o poteva essere una storia fantastica, costruita sulla sua figura. Si è preferito mettere assieme una specie di collezione di francobolli farlocchi, con spirito equivoco .
I personaggi vogliono apparire di fantasia , riferiti invece a qualcuno , lasciato interpretare dal pubblico per dietrologia salottiera.
Non c'è quindi né storia né cronaca; solo il gusto di scavare sull'agonia di un leader politico eliminato da un colpo di stato, con invenzione di idee e di fatti.
L'interprete Pierfrancesco Favino , bravo nel ruolo di Bettino Craxi,, non manca di alcuni limiti , non personali , ma oggettivi. Si è dovuto adattare ad una persona agli antipodi della sua ; e il suo titanico sforzo è stato quello di calarvisi dentro. Lo stesso “trucco” celebrato dai media appare subito posticcio, con alcune smagliature evidenti ( come quelle sopracciglia da clown del circo ). D'altro lato gli stessi occhi e lo sguardo di Favino sono cosa del tutto diversa dalle espressioni irripetibili di Bettino ( forse l'unico che lo ricorda bene è il figlio Bobo ). In poche parole probabilmente la scelta di Amelio per Favino-Craxi non è stata tra le più felici.
Ci sono poi alcuni personaggi semi-inventati , come il Vincenzo amministratore suicida; o il Fausto figlio disperato di un socialista suicida , che avrebbe dovuto rappresentare il tenebre spirito di autocritica, accompagnatore degli ultimi giorni di vita di Bettino ( salvo poi con un coup de theatre finale far diventare Fausto assassino del padre , per vergogna ); o il politico italiano importante “amico-avversario”, in visita, che sviluppa un colloquio con Bettino su traffici partitici e storie dell'italietta furbesca ; o della visita della solita donna-amante, in albergo,in vestaglia e discinta davanti a Bettino ...morente. Personaggi tutti , che non hanno né capo né coda ; buttati lì solo come urla stravaganti nel deserto tunisino.
La vita di Craxi nella casa dell'esilio è visibilmente artefatta ; nel suo svolgersi ; nelle frequentazioni ; nei rapporti. Il ruolo della famiglia ruota tutto attorno alla figlia “Anita”, senza alcuna spiegazione logica , se non forse sentimentale.
Insomma il film non c'è. E non c'è neppure lo spettacolo.
La fotografia è banale.
La musica non c'è o se c'è non si ricorda.
La scenografia è inesistente.
E nella costruzione di un film come questo ad Hammamet , in Africa ,nel Mediterraneo ,tra l'Italia e il Sahara, per la rappresentazione di una tragedia straziante, fotografia , musica e scenografia avrebbero potuto essere in un film , dei capolavori.
E poi quel misterioso messaggio finale di Fausto ( anima critica di Bettino chiuso in un ospedale psichiatrico) contenuto in una cassetta oscura e forse ricattatoria per la storia del Paese.
La mia opinione è che Amelio ha fatto un “coso” ( non film, storico o meno; non documentario ; solo immagini e ... fantasia, su un fatto da tragedia antica ) ; e non si capisce perché . Gianni Amelio passa per essere uno dei migliori registi italiani della nuova generazione : forse che la decadenza rispetto ai loro padri ( in verità monumentali e irraggiungibili ) è ormai entrata in una spirale irreversibile ?
Per chi ha avuto la fortuna di conoscere Bettino Craxi, questo spettacolo ha rappresentato un momento di grande emozione , commozione e riflessione su quella figura politica e umana del compagno e amico, sulla sua storia e sulla recente storia di questo Paese.
Nonostante Gianni Amelio.