Il 4 novembre 1966, all’alba, l’Arno inondò , tra l’altro, il centro storico di Firenze e i quartieri dei lungarni. L’acqua arrivò a quattro –cinque metri di altezza , con una corrente torrenziale che tese a strappare via tutto. 35 morti ; case e negozi che persero tutto il pianterreno e , in molti casi, interi edifici furono distrutti; chiese storiche , la Biblioteca Nazionale, gli Uffizi, pinacoteche , laboratori artigianali, gioiellerie, studi di artisti, alberghi, ristoranti e bar, noti in tutto il mondo, subirono ferite drammatiche. Il carcere delle Murate venne invaso dalle acque: i carcerati furono liberati e si rifugiarono ,come ospiti, nelle case dei fiorentini; uno di loro fu portato via dal fiume. “La marea impetuosa di acqua e fango, carica oltretutto della nafta raccolta dai diversi serbatoi cittadini, trasporta con sé detriti, automobili e tutto ciò che incontra sul suo cammino”. Nei giorni successivi i fiorentini, nonostante il perdurare del maltempo, si rimboccarono le maniche e armati di pale e secchi cominciarono a ricostruire la propria città. Arrivarono i soldati: “ buttate via il fucile e prendete la pala”; così diventarono fiorentini. E fiorentini furono le migliaia di studenti , che, con grandi difficoltà, riuscirono a raggiungere il fango e le macerie della città. Gli studenti, “gli angeli del fango”! Organizzarono con le Ferrovie decine di treni parcheggiati nelle stazioni di Firenze, con le cuccette. Tutti con pala , secchi e stivali, per far rinascere la città; fu loro assegnata la medaglia d’oro al valore civile; nessuno di loro si presentò agli Uffizi per ritirarla; vollero così lasciare il merito a tutti e non a uno di loro. Alcune grandi opere furono irrimediabilmente rovinate, come il Crocefisso del Cimabue di Santa Croce. Il recupero di molti libri della Biblioteca Nazionale durò anni: altri furono definitivamente persi. Decine di migliaia di fiorentini e di popolazioni dell’alto Valdarno, persero tutto, case, negozi, officine, fabbriche: restarono in silenzio e cominciarono subito la ricostruzione, con le proprie mani.
Sindaco di Firenze era allora Piero Bargellini , noto uomo di lettere ; viveva e insegnava a Firenze , il predecessore di Bargellini, Giorgio La Pira, il Sindaco Santo. Grandi personaggi della cultura , dell’arte e del lavoro, conosciuti in Italia e nel mondo, furono “alluvionati”. Nessuno di loro parlò . Con ironia e intelligenza si misero tutti a lavorare, al servizio della città.
Dopo meno di 5 anni la città fu rimessa in piedi e ripulita : dai fiorentini, aiutati da volontari venuti da tutto il mondo.
Il sindaco dell’Aquila, tal Cialente , vuol restituire la fascia tricolore ( naturalmente senza dimissioni ): dopo aver avuto di tutto e di più, è offeso perché a partire dal 2010 , i “terremotati” , se pur ratealmente , dovranno ricominciare a pagare le tasse, in funzione dei propri redditi ( ma perché un medico dell’Aquila, come lui stesso sembra essere, che continua a esercitare la professione, non dovrebbe pagare le tasse ?). Rende la fascia tricolore ,probabilmente perché ritiene che l’Italia non possa chiedere agli aquilani di essere cittadini come gli altri, ma solo “terremotati”, quasi che fosse un titolo di merito…. A Firenze il popolo e gli “angeli del fango”, gli “alluvionati”, forse sorridono : e vedendo questo Cialente, ex “fascia tricolore”, devono chiedersi: “…Icché vvende?”
Nessun commento:
Posta un commento