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sabato 31 agosto 2013

Scavando




SEAMUS HEANEY

Scavando
Tra il mio indice e il pollice sta la penna,
salda come una rivoltella.
Sotto la finestra, un rumore graffiante all’affondare della vanga nel terreno ghiaioso: 
è mio padre che scava. Guardo da basso,
Finché la sua schiena china tra le 
aiuole, si risolleva venti anni indietro, 
piegandosi a ritmo attraverso i solchi di patate che interrava.
Il rozzo scarpone accoccolato sulla staffa, 
il manico contro l’interno del ginocchio sollevato con fermezza, 
sradicava le alte cime, infossando a fondo l’orlo lucente 
per spargere le patate nuove che noi raccoglievamo 
amandone la fresca  durezza tra le mani.
Sapeva bene come usare una vanga, per Dio. 
Proprio come il suo vecchio.
Mio nonno tagliava più torba in una giornata 
di chiunque altro uomo alla torbiera di Toner. 
Una volta gli portai del latte in una bottiglia 
turata alla men peggio con un pezzo di carta. 
Si raddrizzò per berne e subito riprese 
a tagliare e intaccare nettamente, 
spalando pesanti zolle, gettandosele alle spalle, andando sempre più a fondo 
in cerca di buona torba. Scavando.
Il freddo aroma d’ amido nel terriccio, il risucchio 
e lo schiaffo della torba umida, i tagli netti della lama 
nelle radici vive, mi risvegliano la memoria. 
Ma non ho una vanga per imitare uomini come loro.

Tra il mio indice e pollice
sta salda la penna. 
Scaverò con quella.

Digging
Between my finger and my thumb   
The squat pen rests; snug as a gun.
Under my window, a clean rasping sound   
When the spade sinks into gravelly ground:   
My father, digging. I look down
Till his straining rump among the flowerbeds   
Bends low, comes up twenty years away   
Stooping in rhythm through potato drills   
Where he was digging.
The coarse boot nestled on the lug, the shaft   
Against the inside knee was levered firmly.
He rooted out tall tops, buried the bright edge deep
To scatter new potatoes that we picked,
Loving their cool hardness in our hands.
By God, the old man could handle a spade.   
Just like his old man.
My grandfather cut more turf in a day
Than any other man on Toner’s bog.
Once I carried him milk in a bottle
Corked sloppily with paper. He straightened up
To drink it, then fell to right away
Nicking and slicing neatly, heaving sods
Over his shoulder, going down and down
For the good turf. Digging.
The cold smell of potato mould, the squelch and slap
Of soggy peat, the curt cuts of an edge
Through living roots awaken in my head.
But I’ve no spade to follow men like them.
Between my finger and my thumb
The squat pen rests.
I’ll dig with it.

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