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mercoledì 20 ottobre 2010

Sarkò e la piazza



No a Sarkozy ! Questo in sintesi il significato delle manifestazioni che stanno paralizzando la Francia. Il no ha almeno tre ragioni che si ritrovano nelle piazze.

No all’uomo Presidente. Il capo dello Stato, della Nazione, deve volare alto, rappresentare la grandeur di una storia di quasi cinque secoli, essere la sintesi di tutto il popolo francese. E questo non è successo. La persona Sarkozy è politico partigiano; ha una vita privata troppo “bollicine” (bling, bling) ed etero-dipendente; è irruento, focoso e poco uomo di stato; ascolta poco e tende a mediare il meno possibile.

No all’uomo politico. Troppe divisioni lacerano la sua maggioranza. Ci sono nazionalisti, tecnocrati, imprenditori, professionisti, cattolici, massoni, affaristi, artisti , aristocratici, ognuno con interessi diversi e anche con disegni personali e di casta diversi. Gli americani direbbero che le lobbies sarkosiste stanno disintegrandosi.

No al capo del Governo. Come in tutti i Paesi occidentali, la gestione della grande crisi economica è stata molto difficile in Francia. La elasticità della Nazione forse è molto più ridotta rispetto a quella degli altri Paesi occidentali ; le grandi e medie aziende , pubbliche e private,determinanti nella struttura socio-economica francese, possono innescare spirali di crisi difficilmente gestibili. Gli interventi a protezione dei grandi capitali agricoli e industriali nazionali sono stati dolorosi per tutti e il Governo è stato messo nel banco degli imputati.

La rivolta contro il progetto di riforma del sistema pensionistico, che sta in piazza in questi giorni, è fenomeno di superficie, cavalcato da tutte le opposizioni al Presidente. In sé questo progetto, che vuole portare l’età delle pensioni da 60 a 62 anni in un Paese dove vigono le 35 ore di lavoro settimanali e dove la speranza di vita media della popolazione è ormai attorno agli 80 anni, è del tutto plausibile e difficilmente contestabile. Ma è stata la scarsa disponibilità alla trattativa , la forma stessa delle relazioni sociali e la difficile credibilità degli attori messi dal Governo a discutere il problema, che hanno innescato il fiammifero della rivolta. E le opposizioni al Presidente hanno fatto il resto.

Per capire la povertà degli argomenti di alcuni rivoltosi, basti citare, tra tutte, le frasi dei giovani in piazza “..la discussione sulle pensioni è solo un aperitivo che ci preparano, rispetto alle restrizioni di bilancio, agli attacchi all’educazione nazionale, ai diritti dell’uomo:::” “…siamo in una repubblica delle banane, con un governo corrotto in un Paese che ha tra i più grandi milionari del mondo e dove ci sono ancora poveri che dormono per strada…”. Una studentessa , che dice di voler fare "o l’attrice o l’etnologa o l’avvocato", ne ha fin sopra i capelli dei vecchi al lavoro “… e non vogliamo più avere professori vecchi…” Questi giovani,liceali tra i 12 e i 18 anni, per esempio, hanno messo a ferro e fuoco Lione.

Ma la riforma delle pensioni per Sarkozy non è un punto di arrivo; è al contrario il punto di partenza di una serie di riforme promesse e che vuol fare: quelle costituzionali, quella universitaria, quella delle rappresentanze sindacali, quella delle cosiddette tasse professionali e così via. I suoi oppositori hanno capito il disegno del Presidente per questi due ultimi anni di mandato e sono scesi in piazza. De Gaulle 40 anni fa di fronte alla piazza si dimise. Sarkozy non lo farà. La sua unica forza sta nell’armata brancaleone della sua opposizione. Nei cortei già vengono sbandierati i cartelli partigiani contro questo o quel candidato anti – Sarkò.

Quindi la piazza ha cominciato la campagna elettorale per le presidenziali del 2012: Sarkozy era ed è molto debole: chissà che questo errore tattico della sua opposizione non gli renda un gran servizio!

Pubblicato da "L'Occidentale" il 20 ottobre 2010

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