Sono diversi i gruppi di miliziani che combattono a fianco dell’esercito ucraino, fra mercenari, volontari e paramilitari, pur non rientrando ufficialmente nell’organico militare. Gran parte di queste “truppe ausiliarie” è formata da cittadini russi dagli ideali fortemente antiputiniani. Il gruppo più nutrito e famoso è forse il Corpo dei volontari russi (detto RDK, “Russkiy Dobrovolcheskiy Korpus”), responsabile soprattutto delle incursioni nelle regioni russe di Belgorod e Bryansk e oggetto di un’inchiesta giornalistica per posizioni neonaziste. Come del resto anche le milizie Centuria e Pravyj Sektor. Da cittadini della Federazione è formata anche la Legione per la libertà della Russia (Lehion Svobodnyi Rossiyi).
Sono state segnalate in Ucraina anche le milizie polacche nazionaliste del PDK (Corpo dei volontari polacchi). C’è poi il corpo ufficialmente inquadrato dallo Stato Maggiore di Kiev che annovera cittadini stranieri, detta appunto Legione Straniera, e che va a integrare le Forze Territoriali. Vi confluiscono combattenti ed esperti da mezzo mondo, passati da un totale di circa 30mila un anno fa agli appena 4mila effettivi attuali. Al loro interno si contano anche contingenti bielorussi (BDK e Pahonia Regiment) e ceceni (Battaglione Dudayev e Battaglione Ichkeria).
Ci sono infine gruppi militari e paramilitari che si pongono a metà tra l’autonomia totale e l’inquadramento nell’esercito regolare, come la Legione Georgiana e altre formazioni provenienti dal Caucaso e dalle Repubbliche Baltiche. Kiev impiega questi contingenti perlopiù in azioni di sabotaggio e guerriglia, parallelamente all’attacco tramite droni a obiettivi strategici (vie di comunicazione, depositi di carburante o centrali energetiche). La paga è praticamente identica a quella dei soldati regolari.
Anche nel caso dei legionari georgiani la trasparenza non è tuttavia il primo dei pensieri di Kiev. Proponendosi come scopo principe “la distruzione di Vladimir Putin”, la Legione caucasica non fa mistero di non considerare “umani” i cittadini russi, senza distinzione fra militari e civili. Attualmente è composta da circa mille uomini provenienti soprattutto da Georgia e Caucaso meridionale, ma anche da altre nazionalità, compresi una cinquantina di britannici.
Cinque anni fa ci lasciasti. Sei sempre con noi, con me, figli e nipoti, che ti chiamano Lilli. 5 giorni fa mi hanno messo questo aggeggio nel petto : tiene in vita il cuore : l'ho chiamato Li ; mi salverà per il tempo che mi è rimasto...
mercoledì 28 giugno 2023
C’ERA UNA VOLTA IL PIANO NAZIONALE TRASPORTI
MARCELLO INGHILESI
“Cami”, “cami” e poi “cami” ( i camion plurale in livornese ; chamions erano i carretti francesi ; diventarono camions e il termine camion è stato adottato nei Paesi latino-europei ; in italiano non ha plurale ; quindi giustamente i labronici lo hanno italianizzato in “cami”). Le autostrade italiane sono diventate ormai delle camionabili, che tollerano anche le auto , ma se stanno buone e non disturbano la complicatissima marcia camionabile a cui tutto è concesso, compresa la continua e pesante violazione di limiti di velocità e altre regole minime previste nel codice della strada . Solo miracoli impediscono stragi quotidiane. Ma attenzione a non contar troppo sui miracoli !
C’era una volta il Piano nazionale dei trasporti. Il principale problema da risolvere in Italia era il trasporto merci, essendo il Paese una penisola lunga e montagnosa con poche autostrade realizzabili. Quindi si ragionò sul trasporto merci su gomma, su rotaia o su acqua. Rotture di carico per le merci su strada con rete di interporti e con possibilità di passare dai grandi camion e tir a una diffusione di leggeri camioncini. Porti merci ferroviari , autonomi e negli interporti. Autostrade del mare.
Oggi il rapporto tra il trasporto su rotaia e quello su gomma in Italia è circa 1 a 10. Le merci sono quasi tutte per strada e non solo nelle autostrade. E’ il libero mercato, caro mio ! In questo libero mercato i produttori di camion e le imprese che li utilizzano hanno annientato le strade ferrate delle merci e anche le autostrade del mare ( ridotte a trsportare solo le merci degli scambi internazionali, che interessano poco o niente la potente lobby del camion ).
E il piano dei trasporti merci ? Nessuno ne parla più. Proviamo a lanciare sassi nello stagno.
La TAV , Torino- Lyon in costruzione , trasporterà merci ? Quante ? Da dove a dove ? Con quali regole ? Il treno esiste già tra Torino e Lione ; ma non sembra trasportare molte merci ; i cami dunque resteranno a occupare le autostrade franco-italiane, il Monte Bianco e il Frejus ?
Una volta i binari arrivavano dentro molti porti italiani ; con la gomma la rotaia è stata eliminata. Dovremmo invece tornare a chiedere le rotaie dentro ai porti, collegate a stazioni di smistamento delle merci per lo più su altre rotaie. Le merci movimentate sui porti dovrebbero avere come base di trasporto e di distribuzione, la ferrovia (che ha come principale difetto quello di non piacere troppo ai signori Agnelli d’Olanda… ).
Gli interporti esistenti dovrebbero avere soprattutto una vocazione ferroviaria. E molti altri interporti dovrebbero essere creati, più o meno grandi. Tanto per fare un esempio polemico toscano , l’interporto di Firenze dovrebbe essere fatto nelle arre di quello stupido aeroporto che i comunardi fiorentini vogliono tenere come un fiore all’occhiello. Un interporto là sarebbe già collegato a tutta la rete ferroviaria nazionale. ( La Toscana ha già un aereoporto tecnicamente grande e perfetto a Pisa : basterebbe collegarlo a Firenze , 80Km ca., con un treno monorotaia ultra
veloce 200-300 km/ h, da mostrare e visitare comme esempio di alta tecnologia italiana, nelle terre di Leonardo ).
La rete dei porti e interporti merci dovrebbe essere progettata per tutta Italia ; e laddove le ferrovie fossero deficienti dovrebbero essere costruite o ricostruite.
Il trasporto merci su ferrovia sarebbe più lento ? Oggi forse si , dato che non c’è un sistema merci ferroviario da comparare a quello stradale. Ma a logica non dovrebbe essere più lento, essendo la rete su ferro disponibile giorno e notte e utilizzabile a velocità superiore al trasporto su gomma.
Sarebbe forse diseconomico ? Assolutamente no , considerati tutti i costi del trasporto su gomma , diretti e indiretti (non solo le autostrade , ma anche le strade statali, le provinciali e talvolta anche le comunali italiane sono percorse da TIR , che le rendono pericolose, costose di manutenzione e ambientalmente insostenibili).
Più complicato ? Oggi forse si, sempre trattandosi di progettare un sistema nuovo da avviare e rodare , anche se progressivamente.
E veniamo al punto più contestato e più delicato. La gomma è più funzionale al trasporto “porta a porta” ( “door to door “, come si dice nella lingua delle scimmie ), anche se necessita talvolta di una o più rotture di carico ( prevalente attività degli attuali interporti ). D’altra parte dagli ultimi interporti sul territorio potrebbero entrare in funzione i furgoncini merci per le “consegne a domicilio”; quindi con una rottura di carico, che non sarebbe proprio una tragedia sia per i costi che per i tempi di circolazione delle merci. Quindi le merci partirebbero con un camioncino fino al più vicino interporto, poi sarebbero trasportate su rotaia e infine consegnate da un altro camioncino.
Insomma le merci , tutte le merci dovrebbero seguire l’esempio del cammino della elettricità : trasporto in “alta, media e bassa tensione” , lasciando la bassa tensione alla “gomma”, ai furgoni o furgoncini.
In questi giorni l’Austria si è ribellata al passaggio sul suo territorio di migliaia di TIR dannosi e inquinanti : e ha ragione, pur in violazione delle regole europee ( a dimostrazione che spesso queste regole sono farlocche ) E in futuro tutti insorgeranno contro l’abuso dei mezzi pesanti. Già oggi in un ipotetico referendum tra “ferro” e “gomma” sul trasporto merci , i cittadini probabilmente in larghissima parte si schiererebbero per il “ferro”.
Tutto questo è avveniristico, onirico, astratto ? No, per l’Italia , data la sua configurazione fisica,sarà una via obbligata . E’ curioso che di tutto questo la politica “verde”, nella cosiddetta transizione energetica, non ne faccia cenno , lasciando il trasporto merci ad appendice dei propri disegni.
Avere ideali,disegnare , progettare e realizzare una volta era funzione della politica : ora non più.