viaaaa!!!
domenica 27 febbraio 2011
Rivolte arabe : dietro, il nulla ?
Tunisia, Egitto e ora Libia.
Sono militari, “aristocrazie” oligarchiche, alti funzionari di Stato a scontrarsi e a condurre pericolosissime sommosse e rivolte . All’origine delle quali , dicono alcuni, ci sarebbero anche problemi sociali irrisolti, aumenti dei prezzi di prodotti alimentari di base , oppressioni liberticide e in ogni modo sistemi anti-democratici, scelte di potere nepotistiche e così via ; sicuramente ci sono state concatenazioni di cause di questo tipo; ma si sono verificati ( e si stanno verificando ) soprattutto furibondi scontri di potere tra chi al potere c’era già ( militari, autocrati, dinastie, e anche, nel caso della Libia , tribù ).
Ora la questione però è : ma i “servizi segreti” di tutto il mondo hanno fatto lunghe vacanze o erano tutti distratti ? E gli ambienti politico-diplomatici o quelli dei “media”, non si sono accorti di nulla ? Eppure il focolaio è grande e coinvolge loro interlocutori, che “inspiegabilmente e improvvisamente”, si stanno massacrando. Allora tutti questi non hanno fatto bene il loro lavoro ? Oppure i “golpisti” hanno fatto una commedia straordinaria , tutti quanti , per mascherare i loro malesseri e il loro prossimo passaggio all’azione ? Patetica è stata l’immagine dell’ambasciatore libico alle Nazioni Unite, che dopo essersi schierato contro Gheddafi, è stato abbracciato da tutti e in lacrime ha chiesto la punizione di chi lo aveva mandato, la sua “guida spirituale” , Muammar Gheddafi; anche lui è stato colto di sorpresa ; non sapeva nulla delle manovre delle tribù libiche , di cui lui stesso fa parte, per e contro il potere attuale.
Tenuto conto che:
- Ben Ali, capo tunisino deposto, fece un golpe quando era generale a capo dei "servizi segreti" di Bourguiba;
- Mubarak, era a capo dei "servizi segreti" del presidente egiziano Sadat, quando questi fu assassinato e lui ne prese il posto;
- Gheddafi era un giovane ufficiale libico , quando depose re Idris el Senussi, di origine cirenaica ; e lo fece con un gruppo di ufficiali espressione delle diverse tribù e regioni libiche, in nome di un nazionalismo unitario, cosiddetto "nasseriano";
- in questi Paesi sembra che la rete di potere resti la stessa, con la sostituzione di uomini, famiglie e dinastie, forse con qualche apertura libertaria in più, ma senza cambiamenti strutturali ( d’altra parte la storia araba e islamica ha una sua continuità secolare nella concezione di quello che altrove chiamano Stato );
- l’ Egitto è Paese importantissimo per la pace nel mondo;
- la Tunisia è Paese importante come riferimento del laicismo islamico in Europa;
- la Libia è Paese importante nel mercato mondiale del petrolio e del gas.
Tenuto conto di tutto ciò, è mai possibile che dietro a “servizi segreti”, generali, armi, capi dinastie, capi tribù, capi popolo, autocrati di Stato , non ci sia mai stato nessuno ? I capi, provenienti dai “servizi” ( Ben Ali e Mubarak ) e i militari golpisti ( Gheddafi ) agirono da soli, insomma improvvisarono ? E da allora vissero da soli, felici e contenti ? E quelli che hanno fatto o stanno facendo (fare ) le “rivoluzioni”, agiscono in piena solitudine , solo in compagnia del popolo, come se le forze armate o il petrolio fossero degli “optionals”, di scarsa rilevanza ?
Per esempio, fermandoci in Libia : il mitico maggiore Jallud è stato a lungo capo del governo di Gheddafi ( e quindi in rapporto e spesso in amicizia con tutti); fu fatto fuori improvvisamente ( si disse che stava cospirando contro Gheddafi e che rubava, naturalmente ) ; Jallud è uno dei capi della tribù Magharia, assieme al generale Jaber e all’attentatore di Lockerbie Al Megrahi; la tribù Magharia sembra schierata contro Gheddafi ; e nessuno sapeva, conosceva, aveva rapporti con i Magharia, che hanno la rete di potere più importante nelle forze armate libiche ( che non a caso sembrano essersi sciolte come neve al sole ai primi sollevamenti cirenaici ) ? E nessuno conosceva gli Azaweya , che ora hanno minacciato di chiudere i rubinetti del petrolio ? O gli Warfalla , che contano un popolo pari al 20% dei libici ?
E’ difficile pensare che tutto il pandemonio che sta succedendo nel Nord-Africa sia casuale ; se fosse così il mondo dovrebbe tremare ; speriamo che non lo sia e che qualcuno nel mondo sappia cosa sta succedendo in quei Paesi, per molti aspetti vitali per tutti.
Pubblicato da "l'Occidentale" il 28 febbraio 2011
sabato 26 febbraio 2011
Libia : una guerra "tribale"
"... La fine per Gheddafi si chiama tribù: Warfala, Zintan, Rojahan, Orfella, Riaina, al Farjane, al Zuwayya, Tuareg. Le stesse che nel 1911 affrontarono gli italiani durante la guerra di Libia. Sono loro il passato che non passa: le grandi tribù che hanno rotto quel «patto» che ha rappresentato uno dei pilastri fondamentali del quarantennale potere di Muammar Gheddafi. Sono le tribù, oltre 140 alle quale appartengono l’85 per cento dei libici, a essersi sollevate in Libia, non i giovani intellettuali né le masse operaie, che nel Paese sono perlopiù composte da lavoratori stranieri. Sono loro che potrebbero assestare il colpo definitivo al regime del Colonnello. E con le grandi tribù la comunità internazionale dovrà fare i conti nella Libia del dopo-raìs. Per evitare la polverizzazione dello Stato. Per scongiurare una nuova Somalia.
Le alleanze si sono ridefinite. Nuovi patti sono stati siglati. Questo ha segnato la fine del raìs. Ciascuna delle principali tribù è rappresentata nell'establishment militare e nei comitati popolari e rivoluzionari costituiti da Gheddafi dopo la presa di potere nel 1969. Alcuni clan sono da decenni in lotta tra di loro per il potere, ma il conflitto fino a pochi giorni fa era rimasto latente, anche grazie all'attività di mediazione dello stesso leader e ai proventi di petrolio e gas. Una mediazione che è saltata. Definitivamente.
I Tuareg, che in Libia sono mezzo milione, hanno accettato la «chiamata alle armi» della tribù Warfala, che conta oltre un milione di abitanti nel Paese. Inoltre uno dei leader Warfala ha dichiarato che Gheddafi «non è più un fratello» e deve lasciare la Libia. I leader della tribù Warfala sono tra i principali oppositori del governo, al punto che, secondo alcune fonti, nel 1993 organizzarono con alcuni generali dell'Aviazione un tentativo di colpo di Stato contro il Colonnello poi fallito. E il capo della tribù al Zuwayya del deserto orientale avrebbe minacciato di interrompere le esportazioni di greggio se le autorità non porranno fine alla repressione. Domenica scorsa anche la tribù degli Orfella, che conta novantamila persone, ha deciso di sostenere la rivolta. Nei giorni scorsi, i leader delle tribù Warfalla e Zuwayya, concentrate nella zona orientale del Paese, hanno ritirato il loro appoggio a Gheddafi. Gli Zuwayya hanno persino minacciato di ostacolare le esportazioni di greggio. E le numerose altre tribù della Cirenaica (Zuwayah, Awaqir, Abid, Barasa, Majabrah, Awajilah, Minifah, Abaydat, Fawakhir ed altre ancora) sembrano aver seguito questa scelta.
Tutta la popolazione della Cirenaica, d’altronde, ha sempre considerato il golpe del 1969 contro re Idris e la monarchia Senussi alla stregua di un’egemonia dei libici «occidentali» sulle sorti del Paese. Diversa la situazione nella Tripolitania. Qui l’adesione della tribù Zintan, originaria della città omonima situata a sud di Tripoli, alla protesta contro Gheddafi, ha sì portato il dissenso nella zona occidentale del Paese, ma ha confermato - per rivalità tribali - quelle di Rayaina, Siaan, Hawamed e Nawayel nel campo opposto. Prima leali e ora «neutrali» risultano i clan berberi della zona di Misurata. Anche nel vasto Fezzan, la parte meridionale del Paese, esiste un’intricata composizione tribale. Accanto ai Mahamid arabi, troviamo le tribù non arabe dei Tabu, che popolano le zone di Qatrun e Sabha e l’oasi di Kufrah. Contro Gheddafi si sono schierate anche la maggior parte delle tribù del sud della Libia e il clan degli al-Furjan, i cui appartenenti vivono in prevalenza nella città di Sirte.
«Nel breve termine le prospettive per la Libia sono molto cupe - rileva Robert Danin, arabista del Council on Foreign Relations di New York - perché non è chiaro se riuscirà a sopravvivere come nazione unita oppure se a prendere il sopravvento sarà l’identità di un Paese decentralizzato, nel quale l’identità collettiva è molto debole mentre a prevalere sono le fedeltà a tribù e clan con le radici nei secoli passati». «La tribù Magariha da una parte è grata a Gheddafi che ha ottenuto dalla Gran Bretagna la liberazione di Baset al-Megrahi» già imprigionato per il coinvolgimento nell’attentato di Lockerbie «ma dall’altra non ha dimenticato la defenestrazione di Jallud ( l’ex primo ministro che il Colonnello ebbe al fianco per quasi dieci anni prima di defenestrarlo, accusandolo di complottare contro di lui, ndr) « ancora vissuta come una grave offesa. Poiché i Magariha sono stimati in quasi un milione di anime, sono bene armati ed economicamente forti risulteranno decisivi nel rovesciamento del raìs e nella definizione dei nuovi equilibri di potere nella Libia del futuro», riflette l’accademico egiziano Faraj Abdulaziz Najam, specializzato in storia libica.
«La tribù (qabila) è l’unica istituzione che da secoli ha plasmato, difeso e regolato la società delle popolazioni arabe (e in minima parte berbere) che hanno abitato le regioni chiamate all’inizio del Ventesimo secolo dai colonizzatori italiani Tripolitania, Cirenaica e Fezzan», rimarca su Limes Aldo Nicosia. «L’affermazione del sistema politico tribale - prosegue Nicosia - fortemente voluto e sostenuto da regime di Gheddafi proprio per impedire la nascita di una società civile, basata su istituzioni pluralistiche e democratiche (cui contrappone la banale demagogia dello slogan del “potere alla masse”), comincia a provocare il ripiegamento del libico verso la tribù di appartenenza, e parallelamente fa sprofondare il Paese nella corruzione, a tutti i livelli». Un’appartenenza tribale destinata a segnare il presente e il futuro della Libia. Con o senza il raìs».
Umberto De Giovannangeli : "L'Unità" 26 febbraio 2011
martedì 22 febbraio 2011
Renzi vs Bindi
Matteo Renzi è un ex giovane fiorentino, con faccia sbrigativa e foruncolata, fronte bassa e patata in bocca nel suo eloquio dialettale ; è nato nel 1975 e quindi ha 36 anni ; ha fatto il liceo Dante a Firenze ,lo scout , il capo-scout e anche Legge ; si è laureato nel 1999, con una tesi sul sindaco La Pira. Ha fatto finta di lavorare nella notissima Child, azienda di Rignano sull’Arno che fa “animazione, abbonamenti, strillonaggio” ed altro, per i giornali; ne è stato quasi subito dirigente marketing. Nel 2004 gli ex “comunisti” e gli ex “cattolici di sinistra” ( a Firenze sempre in gran spolvero ) lo strapparono ad una sicura e strepitosa carriera manageriale e lo fecero presidente della provincia di Firenze , storicamente e strutturalmente rossa ( ora che c’è passato, ne chiede l’eliminazione ). Poi dal 2009 lo fecero addirittura Sindaco di Firenze : un sogno !
Renzi , da qualche tempo, se la sta prendendo con i vecchi comunisti e i vecchi democristiani, del suo Partito Democratico ;insomma vorrebbe un partito giovane, alleggerito dalle cariatidi del passato. Idea e proposta a dir poco geniale ! L’ultima “mirata” è la povera Rosy Bindi ( un po’ se l’è cercata, facendosi candidare a premier ! ); Renzi dice che con la gente che faceva politica al tempo della caduta del muro di Berlino ( 1989 ) , i “democratici” perderanno sempre. La Bindi ha 60 anni , passati tutti, esclusi forse i primi dieci, all’Azione Cattolica , fiamme bianche, fiamme verdi, fiamme rosse, juniores e seniores e poi vice presidente nazionale (1984 – 1989 ); dall’ 89 deputato DC e poi deputato dei Popolari, dell’Ulivo e della Margherita, poi deputato e presidente del Partito Democratico, antiberlusconiana in servizio permanente effettivo, tuttora al lavoro: una delle colonne del successo di Berlusconi ( su questo il furbo Renzi sembra aver ragione ).
Ma a Renzi ( non per cambiar discorso sui rapporti rissosi in area clericale, tra “scoutismo” e “azione cattolica”) , vorremmo porre due minuscole questioni:
- si accorse il giovane Matteo , aderendo al magistrale Partito Democratico, suo sponsor di lavoro e di vita, di essere beneficato non solo dalla “giovane” Bindi, ma soprattutto da una schiera di politici professionisti , “storici” ( altroché muro di Berlino ! ) ? Esempi? Due a caso : D’Alema porta il suo nome in giro per le pubbliche piazze dal 1943 ; prima il padre Giuseppe, “resistente” dal ’43, funzionario del PCI e anche deputato e senatore del PCI dal 1963 al 1983 ; quasi subito sostituito dal figlio Massimo, che entrò alla Camera nel 1987 , dopo essere stato nel partito con il padre già dal 1963 ; quindi D’Alema , che ha fatto del suo per eleggere Renzi ( il quale, non dimentichiamolo, batté nientepopodimenoché Giovanni Galli, storico portiere della Fiorentina, per conquistare la poltrona di Sindaco ) , governa la loro politica… dal 1943; oppure si accorse che il suo altro leader, cattolico questa volta, Dario Franceschini non è in politica dal 2001 ( anno della sua elezione a deputato ) , ma da prima del suo concepimento ? Il padre Giorgio fu deputato DC dal 1953 al 1958 , anno in cui Dario nacque : cominciò con la militanza cattolica in vecchie e nuove organizzazioni studentesche giovanili, per approdare in Consiglio comunale di Ferrara nel 1980, supportato da Zaccagnini e da allora, sempre “democristiano di sinistra” ( ? ), in tutte le evoluzioni successive avute da questa “corrente di pensiero”; questo solo per dire che se Renzi si scandalizza perché la Bindi è lì dal muro di Berlino, deve anche sapere che molti , moltissimi suoi compagni e dirigenti di partito sono lì da generazioni; insomma lì, nell’area di Renzi, misero e fecero famiglia…
- si rende conto il giovane Matteo che il tempo passerà anche per lui ? Dopo la Provincia e il Comune , che farà ? La Regione ? E poi , il Parlamento ? I “mandati” finiscono presto ; può dirci cosa farà il giovane Renzi da grande , per non finire come la sua amata Bindi ? Tornerà alla Child , che organizza tra l’altro lo “strillonaggio” dei giornali, dove sembra che abbia lavorato per qualche mese, da dirigente ? Cercherà un nuovo lavoro ? Cosa sa fare ? Metterà i suoi bimbi “in politica”, come D’Alema o Franceschini ?
Un ultima misera questione, questa volta al sindaco Renzi, al giovane e insuperabile amministratore: per chi viene dalla costa livornese e pisana, via la (superstrada) camionabile Fi-Li-Pi , Firenze è una meta ; la famosa, ormai nel mondo, tramvia Scandicci- Santa Maria Novella ( cuore della città) sarebbe utilissima ; si lascia la macchina in periferia e si va in centro con il tram ; semplice , no ? Signor Sindaco , Lei ha dimenticato un dettaglio : i parcheggi ! Senza parcheggi, non si può fare il cambio auto-tram. Forse la Bindi, come sindaco , sarebbe stata più brava di Lei : con il tram ( almeno dieci anni di discussioni ) , forse era bene pensare anche ai parcheggi ( magari prima del tram) : o Lei preferisce fare il sindaco da avanspettacolo, “parecchio romore e poca lana”, come dicono dalle sue parti ?
Pubblicato da "l ' Occidentale" il 25 febbraio 2011
domenica 20 febbraio 2011
sabato 19 febbraio 2011
Lieto evento
Ieri 18 febbraio sono arrivate due nuove ovaiole da Civitella della Chiana ; una si chiama Ruby; l'altra Rosy. Rosy sembra più chiacchierona ; Ruby , più mistica. La Rosi e la Binda , che avevano occupato la loro villa fino a poco tempo fa , furono rapite dalla volpe Berlusca .
venerdì 18 febbraio 2011
Una testa, un voto
Per noi una testa è un voto.
Per una donna impegnata, una testa sono due voti
Per una donna impegnata e intellettuale, una testa sono tre voti.
Per una donna impegnata intellettuale e carina, una testa sono quattro voti.
Per una donna impegnata, intellettuale , carina e "in" ,una testa sono cinque voti
Per una donna impegnata, intellettuale, carina, "in" e moralista ,una testa sono sei voti.
Per quest'ultima, una escort è una testa , senza diritto di voto; tanto meno il suo cliente.
Ecco, Concita dell'Unità si considera una testa da sei voti.
martedì 15 febbraio 2011
Corriente
El que camina Chi cammina
se enturbia. s'intorbida.
El agua corriente L'acqua corrente
no ve las estrellas. non vede le stelle.
El que camina Chi cammina
se olvida. dimentica
Y el que se para E chi si ferma
suena sogna.
Federico Garcia Lorca
Rivoluzioni arabe ?
Rivoluzioni : rivoluzione dei ciclamini in Tunisia; rivoluzione tout court in Egitto. Ma sono state “rivoluzioni” o colpi di stato ?
Ben Ali , in Tunisia, di fronte al suicidio di un diplomato disoccupato , allo sciopero degli avvocati , a manifestazioni di piazza di giovani, prima , di sindacati filo governativi , poi , accompagnati da un popolo crescente e da un tam tam mediatico via internet, fece il gesto di rimanere e poi scappò lasciando il potere nelle mani dei suoi fedeli : essi , dopo alcune prime incertezze, si schierarono contro il loro ex Presidente, diffondendo anche la nota del maltolto suo e dei suoi cari. Ben Ali sembra riparato in Arabia Saudita. Due giorni prima della sua fuga , Obama dall’ America fece sapere che gli USA stavano con il “popolo” tunisino, contro Ben Ali ; i grandi Paesi europei si accodarono. Ben Ali, prima di diventare presidente, era stato capo dei Servizi segreti tunisini, che avevano organizzato la defenestrazione del vecchio presidente, Burguiba, facendolo passare per scemo, con certificato medico firmato da sanitari delle forze armate e con benedizione di tutti i Servizi occidentali , a cominciare dalla CIA.
Pochi giorni dopo toccò all’egiziano Mubarak, anche lui ex capo dei Servizi segreti. La piazza , il popolo, i notabili, i religiosi si scatenano tutti in un gran fermento rivoluzionario. Gli americani , per bocca di Obama , stanno anche qui con loro, con i cosiddetti rivoltosi, contro Mubarak Ma ci sono alcuni episodi strani: le forze armate egiziane sembrano confuse, neutre e difendono quasi per dovere il loro generale presidente ; il capo della CIA americana dà per fatte le dimissioni di Mubarak, mentre questo ,dopo neanche sei ore e in diretta TV davanti al mondo intero, non si dimette , ma dà i poteri al suo neo vicepresidente, Suleiman, già capo dei Servizi egiziani e finora stimato generale amico degli americani; Suleiman conferma la linea di Mubarak; il giorno successivo Mubarak, di fronte alla piazza che continua a rumoreggiare, si dimette e dà tutti i poteri al ministro della Difesa e Presidente del Consiglio Superiore delle Forze Armate, il suo fedele general maresciallo Tantawi. Mubarak e Suleiman , generali dei Servizi, stimati in Occidente, cadono assieme; popolo e americani finalmente sembrano contenti . Europa e Stati Uniti inneggiano alla vittoria della democrazia voluta dal popolo. Naturalmente anche Mubarak e i suoi cari vengono accusati di aver rubato stramiliardi di dollari. Ora pare che Mubarak sia in fin di vita ; ma questo si diceva già da qualche tempo.
Gli episodi di questi ultimi mesi in Tunisia ed Egitto appaiono intricati ; è vero che le rivoluzioni le fanno sempre delle avanguardie; ma poi le stesse avanguardie , fatto saltare il “potere”, lo sostituiscono. In questi due casi no . Non solo ; tutti Paesi arabi sono governati da monarchi o da “poteri forti”. In Tunisia e in Egitto i “poteri forti” provengono dai propri Servizi segreti, che per decenni hanno lavorato con i loro omologhi occidentali e in particolare con la CIA americana. In altri Paesi dell’area ( Algeria, Yemen , Giordania, Siria, per esempio) c’è stato popolo in piazza , senza risultati eclatanti almeno per ora e a capo dei loro poteri forti non sembrano esserci figli dei rispettivi Servizi. Viene insomma il dubbio che queste “insurrezioni” , siano in qualche modo gestite dalla CIA, con obbiettivi principali ( l’Egitto per esempio, in cui Mubarak, 83 anni e malato, stava organizzando una successione in famiglia, non gradita agli americani ) e di copertura ( la Tunisia per esempio, in cui il potere di Ben Ali, anche lui vecchio e malato, si era trasformato in una specie di tirannide della famiglia della moglie, Trabelsi., da sradicare velocemente). Negli altri Paesi sono state agevolate le “mosse”, ma non sembra esserci stata mai la stessa forza che la CIA ha potuto usare in territori gestiti direttamente da proprie propaggini. Si sta muovendo anche l’Iran ; là il discorso è ancora più serio e se per caso dovesse andare avanti, forse tutte le questioni finora vissute , potrebbero essere di preparazione per un nuovo e definitivo salto strategico degli americani nel mondo arabo. E il discorso si farebbe molto complesso e carico di implicazioni.
Da Tunisia e Egitto , emergono alcuni fatti, difficilmente controbattibili:
- ci sono stati colpi di Stato, interni alle forze armate , con diretta influenza americana;
- Obama è parso più un modesto attore di sceneggiature altrui, che stratega, padrone di una linea politica democratica internazionale ( a volte ha fatto perfino pena );
- l’Europa è stata al balcone di casa propria , senza sembrare di capire cosa stesse succedendo là davanti, balbettando solo frasi di comprensione per le nuove “democrazie”, in gestazione nel nord Africa ( oltretutto ora e su fatti come questi, non si riesce a capire a cosa serva un “ministero degli esteri” comunitario ).
Di qui alla fine dell’anno probabilmente molte carte della storia di questi Paesi saranno scoperte ; e si capirà meglio cosa è successo in questi giorni. Si capirà meglio anche la portata della euforia dimostrata da molti politici e opinionisti nostrani, compresi giornalisti e intellettuali, sul successo dei valori delle nostre democrazie in quelle regioni. Forse si è fatto solo finta di non capire.
giovedì 10 febbraio 2011
Sarkò e i giudici
Oggi 10 febbraio 2011, i magistrati francesi sono in “sciopero”, oohp ! no in “astensione dalle udienze”, perché pare che lo sciopero non sia possibile per loro: e poi fa volgare .Questa astensione sta già durando da qualche giorno e sembra orientata a durare ancor di più. Materia del contendere ? Presto detto.
Il 19 gennaio scorso scomparve da Pornic ,Laetitia , una bella e solare ragazza diciottenne , data in affidamento ad una famiglia e cameriera in un bar. Fu arrestato , con prove del tutto inoppugnabili, un pluripregiudicato , che aveva già fatto tredici anni di prigione per delitti analoghi ed era fuori sotto sorveglianza giudiziaria : da quando era uscito di prigione , circa un anno prima, era stato denunciato dalla sua stessa famiglia, per violenze ,non una , ma sette volte; poi era stato emessa nei suoi confronti una richiesta di comparizione per il furto di una macchina. Niente ; era sempre stato lasciato libero di fare quello che voleva .E così sembra che il “sorvegliato per il reinserimento” abbia voluto massacrare la povera Laetitia, tagliandola anche a pezzi, che in parte sono stati ritrovati qualche giorno fa in uno stagno. Questi i fatti.
Il 3 febbraio scorso il Presidente Sarkozy dichiarò : “Quando si lascia uscire di prigione un individuo come il presunto responsabile, senza assicurarsi che sia seguito da un “consigliere per il reinserimento”, si commette un errore. Quelli che hanno coperto o fatto questo errore saranno puniti”.
Putiferio : prima la Procura di Nantes , competente per territorio su Pornic, e poi tutte le Procure e poi i magistrati e poi gli alti magistrati e quindi tutta la magistratura si sono chiusi a riccio a difendere le eventuali colpe giudiziali di Pornic contro la frase e le intenzioni di Sarkozy; naturalmente il tiro viene spostato; i giudici sbagliano o omettono perché mancano di “risorse” (“ ‘ vaini” dicono a Livorno ) e quindi sciopero contro il Governo (sempre “ ladro” ) , vero responsabile della tragedia di Laetitia.
Anche in Francia si è aperta la voragine di interrogativi, che sono riassumibili in uno solo : ci sono stati errori dei magistrati o dei poliziotti a Pornic ? Cioè, la tragedia di Laetitia poteva essere evitata ?Cioè ,il magistrato che sbaglia è responsabile dei propri errori ? E se si , chi decide se ha sbagliato oppure no , visto che poco serene appaiono le decisioni della casta in autogestione ? Non solo : sul fatto specifico i magistrati francesi introducono un ulteriore elemento di dubbio atroce, se non nascesse dalla loro necessità di autodifesa : dicono che in ogni modo almeno il 5% dei recidivi compiono ulteriori delitti ; sono malati e la società deve prenderne atto ; cioè , sorveglianza o no, questi continueranno a delinquere . In poche parole i magistrati dichiarano che qualche centinaio di maniaci sessuali ,noti e recidivi, sono pronti ad ammazzare, ora, subito ( più qualche migliaio meno noti ) ;e lo Stato non può far nulla. Bella prospettiva per la civilissima Francia, nella civilissima Europa ! In effetti le cose non starebbero così , se ognuno facesse il proprio dovere, magistrati e polizia giudiziaria ; le mancanze sul delitto di Pornic sono state enormi ; e celarle dietro a un gran polverone corporativo ( pare che stiano per muoversi nello stesso senso anche i poliziotti ) non sembra la migliore delle soluzioni. Al bar l’altra sera dicevano ; “… vogliono soldi e più addetti ; bene dividiamo i loro stipendi per due e raddoppiamo gli organici ; tanto di “ ‘vaini” ( des sous ) ne prenderebbero ancora troppi…” . Non è così , naturalmente ; ma forse queste corporazioni dovrebbero un po’ abbassare la testa di fronte alla gente e alla democrazia “repubblicana”, come dicono in Francia. Non possono dimenticare che il loro lavoro è fatto “in nome del popolo”. Anche se il popolo politico, nei sondaggi , dà ora torto a Sarkozy per il 65 % ( in effetti il suo gradimento in generale è anche molto più basso di questo 35 %, che gli resta)! Un po’ alla sessantottina francese , dietro ai magistrati si sono messi cancellieri, impiegati e uscieri della magistratura; commissari e impiegati di polizia ; avvocati ;e naturalmente insegnanti ; mancano invece ancora un po’ di studenti.
Come si vede tutto il mondo è paese. Il problema della gestione della giustizia e soprattutto delle responsabilità professionali dei giudici è rimasto aperto in tutte le democrazie del mondo . Non ci sono soluzioni facili ; ma è anche impossibile che i cittadini possano affidare le loro libertà e i loro sistemi giudiziari a caste di “intoccabili”; uno dei pilastri fondamentali dello stato di diritto sta crollando.
Publlicato da " l' "Occidentale" il 10 febbraio 2011
martedì 8 febbraio 2011
Berlusconi : quelli "per"
Sono per Berlusconi quelli che subirono il golpe del 1990-1994 ; non solo quelli che lo subirono materialmente ( le migliaia di persone arrestate , incarcerate, avvisate, indagate,perseguitate, licenziate, emarginate, esposte al pubblico ludibrio ; e i loro “cari” ), ma anche gran parte di elettori di quei partiti che furono di fatto “sciolti” per via giudiziaria ( liberali, democristiani, socialdemocratici, repubblicani e socialisti ); sono passati venti anni ? Le idee di quei partiti sono rimaste ; sono rimasti e vivono ancora molti dei loro elettori ; e poi ci sono i figli e i figli dei figli ,che hanno saputo delle porcherie fatte in quegli anni e che quindi votano contro gli ideatori e gli autori del golpe e quindi per Berlusconi.
Sono per Berlusconi gli ex missini, ora nazional-liberali ; dopo il golpe 90-94 non potevano stare con i loro co-golpisti e neppure con i giustizialisti di partito
Sono per Berlusconi i “popolini”, quelli che vogliono sentire la politica con le parole comuni; che vedono la politica con un certo qualunquismo e i politici come gente normale , ricca o povera che sia.
Sono per Berlusconi molti gossippari, guardoni della TV, quelli che amano i pettegolezzi e le cronache , che cercano le telenovele su cui chiacchierare, commentare, fare tendenza o moda.
Sono per Berlusconi le sue aziende e il grande indotto che esse producono attraverso i sistemi mediali ; nessuno ha mai parlato di sindacati o di conflitti sociali nelle aziende di Berlusconi; esse fanno corpo unico, ovunque siano e di qualsiasi cosa si occupino.
Sono per Berlusconi i mondi del varietà e dello spettacolo “leggero”.
E’ per Berlusconi gran parte del popolo delle piccole e medie aziende, imprenditori, artigiani, commercianti, ma anche operai e lavoratori dipendenti ; un popolo anticomunista e nemico dei parrucconi burocrati o religiosi che siano ; un popolo di “peccatori”.
Sono per Berlusconi molti professionisti del ceto medio,
Sono per Berlusconi molti intellettuali liberali, recuperati anche dalla destra fascista.
Sono per Berlusconi molti sportivi, che considerano la vita una sfida da vincere in competizione .
Sono per Berlusconi molti “laici”, libertari , che rifiutano dottrine e integralismi.
Sono per Berlusconi , di contro, anche molti cattolici conservatori.
Sono per Berlusconi i libertari che lo vedono come vittima “sacrificale” ( con il suo rogo , si risolve tutto ; Dio lo vuole ): l’accanimento provocatorio “anti” , crea uno spirito “pro”, anche solo se per polemica.
Sono per Berlusconi le vittime di sistemi giudiziari di parte o di giudizi sbagliati, con tutte le implicazioni dirette e indirette che questi comportano.
Quindi l’ “uomo” , da solo, raccoglie secondo le stime attorno al 30 % dei consensi ; questo significa che, comunque si vedano le cose , oggi nella democrazia parlamentare italiana, egli è determinante . Già i “pro - contro” la persona lo rafforzano. Continuando su questa strada non politica che mira alla persona, i “contro” sono destinati a perdere . Perderebbero anche se lo eliminassero fisicamente, perché i suoi eredi avrebbero in dotazione una fortezza , a quel punto, inespugnabile. Ci sono solo due strade perché la coalizione dei “contro” possa superare quella dei “per”. La prima è la politica, fatta di si e di no sulle proposte ;ma fatta anche di idee , di disegni , di progetti veri ( non demagogici, mistici, astratti ) che unifichino il caravanserraglio definito “sinistra” ( oltretutto priva dell’anima socialista storica di “giustizia e libertà” che oggi, soprattutto per motivi libertari, è con Berlusconi ). L’altra è che Berlusconi si stanchi e si ritiri ; o lo si convinca a ritirarsi con un parco giochi più divertente !
lunedì 7 febbraio 2011
Berlusconi : quelli "contro"
Sono contro, gli ex comunisti italiani ; che non sono pochi ; se non ci sono più i nonni, ci sono i padri; e i figli; e i figli dei figli. Congegnarono tra il 90 e il 94 un sistema che li avrebbe portati direttamente al Governo ; per via giudiziaria eliminarono la maggioranza parlamentare. Cambiarono nome ; usurparono le idee di socialisti e socialdemocratici, dopo averli a lungo sbeffeggiati e poi incarcerati; e avviarono la gioiosa macchina da guerra .Si sta parlando di una forza che valeva a quell’epoca circa un terzo dell’elettorato italiano. Avendo fatto fuori partiti che avevano circa il 50% dei consensi elettorali, avevano davanti un’autostrada per le agognate poltrone e poltroncine, compresi gli strapuntini. L’orribile Berlusconi lo impedì loro. Cercarono di fare un ritocchino giudiziario per eliminare anche lui ( l’autore di questo ritocchino naturalmente non è più giudice, ma siede con loro in Parlamento ), ma non ci riuscirono. Il più machiavellico del loro gruppo ( che passa per esserne anche il più intelligente, senza peraltro averne mai dato prova )cercò pure, sottobanco, di trovare ,con questo strano e improvviso Berlusconi, qualche intesa; senza successo. Quindi ora sono tutti uniti contro lui , innanzitutto lui persona fisica, neanche politica. Per “salvare “ l’Italia dobbiamo abbattere lui, Berlusconi ; dopo il cinghialone Craxi, ecco il maialone Berlusconi.
Sono contro, quelli che appaiono come gli integralisti cattolici . Essi nella prima repubblica erano chiamati “sinistra democristiana”; si occupavano anche allora solo di seggiole ; le loro acrobazie politiche erano unicamente verbali : il più delle volte anche incomprensibili. Ma i comunisti del 90 , per avviare il loro golpe avevano bisogno di qualcuno , non dei loro, che li accompagnasse ; in casa DC presero la cosiddetta “sinistra”, che oltretutto aveva il vantaggio del nome. Questi integralisti hanno seguito e anche promosso tutte le crociate anti-berlusconiane . Manca loro solo l’urlo “al rogo” : poi una nuova guerra etico-oscurantista potrebbe facilmente essere avviata ; con i loro “paolini” ,d'altronde,ci sono andati ... vicini. Berlusconi, peccatore manifesto e arricchito arrogante, sembra fatto apposta per il rogo.
Sono contro, i movimentisti di “sinistra” ; in molti paesi Occidentali sono i più puri, i più astratti e anche i più utili ai propri avversari. Questi movimentisti , spesso dal lessico o popolar-provocatorio o anche del tutto e forse volutamente incomprensibile ( a copertura di proposte e di idee che in realtà non ci sono o sono eguali a quelle degli altri ), altalenano la loro importanza in uno spazio elettorale che da sempre è stato loro; quello protestatario , con risvolti anarchico-“rivoluzionari”.
Sono contro, i giustizialisti ; quelli che con lo sventolare di toghe e di manette hanno fatto la loro fortuna ; parteciparono al golpe ; molti di loro ne furono artefici ; anche loro speravano di avere ricompense molto più sostanziali di quanto avuto , in termini di potere, poltrone, poltroncine e gareghe ; la loro proposta politica è semplice ; rispetto delle leggi e soprattutto della Magistratura , che è infallibile. Attraverso la Magistratura hanno una rete di rapporti . Hanno costruito un Berlusconi fuorilegge ; e su questo vivono; provano ad occuparsi anche del resto ; ma senza neanche crederci troppo.
Sono contro, quelli che si autodefiniscono “di centro” ( centro rispetto a cosa , a quali idee contrapposte ? ); essi vorrebbero solo avere il posto del nemico Berlusconi, magari con i suoi voti ; oppure ritornare ad un sistema elettorale proporzionale , per cercare di essere ,anche con pochi voti , l’ago della bilancia; tra loro ci sono ex democristiani, ex missini ,coautori del golpe del 90-94 con gli ex comunisti, e opportunisti vari , che sperano sempre di essere determinanti.
Sono contro, i salotti dell’”intellighentia”, quelli delle diversità elitarie ( artistica, letteraria, mass- mediologa, professionale e "neo-imprenditoriale") quelli che Platone avrebbe definito i salotti della “aristocrazia”moderna; “fa fino” essere contro un bauscia , che si presenta come un populista incolto ( e forse lo è anche ; in ogni modo lo recita alla perfezione) ; come uomo dalla educazione affettata , imparata; come un trasgressore del bon ton, goliardo e irriverente; come un paperone abituato ai suoi castelli e alle sue regole , poco incline al clima dei salotti altrui, cosiddetti "chic" ,in cui trova molta ipocrisia e poca concretezza.
Sono infine contro ,quelli che di mestiere fanno “ gli antiberlusconi”; è un lavoro che rende bene e che ha non pochi proseliti ; non richiede né formazione, né sapere , né progetti , né proposte ; richiede solo informazioni sul nemico e grandi capacità di insulto , di provocazione, di promozione e di gestione della bagarre. Si tratta normalmente di persone che con Berlusconi hanno vinto un terno al lotto; le loro grida contro Berlusconi , sono state e sono tra quelle più efficaci per il suo rafforzamento; e forse loro lo sanno anche ; ma badano soprattutto alla loro professione e quindi anche alle proprie tasche.
Tutti questi, sono i “contro palesi” , con sempre i soliti argomenti , il più delle volte urlati ; poi ci sono i “contro silenti”, che non sposano le tesi di nessuno dei palesi, ma sono contro Berlusconi.
L'insieme di questo caravanserraglio varrebbe per i sondaggisti non più del 45% degli elettori italiani ; sarà vero ?
sabato 5 febbraio 2011
Platone :democrazia- libertà- tirannide.
Platone e la sua Accademia
"Quindi la tirannide nasce dalla democrazia allo stesso modo in cui questa nasce dall'oligarchia?"
"In che modo?"
"Il bene che i cittadini si proponevano", spiegai, "e per il quale avevano istituito l'oligarchia era la ricchezza eccessiva: non è vero?"
"Sì".
"Ma l'insaziabile brama di ricchezza e la noncuranza d'ogni altro valore a causa dell'affarismo l'hanno portata alla rovina".
"È vero" disse.
"E anche la disgregazione della democrazia non è provocata dall'insaziabile brama di ciò che si prefigge come bene?"
"E che cosa, secondo te, si prefigge?"
"La libertà", risposi. "In una città democratica sentirai dire che questo è il bene supremo e quindi chi è libero per natura dovrebbe abitare soltanto là".
"In effetti si ripete spesso questa sentenza", osservò.
"Come stavo per chiederti", proseguii, "non sono dunque la brama insaziabile e la noncuranza d'ogni altro valore a trasformare questa forma di governo e a prepararla ad avere bisogno della tirannide?"
"In che senso?", domandò.
"A mio parere, quando una città democratica, assetata di libertà, viene ad essere retta da cattivi coppieri, si ubriaca di libertà pura oltre il dovuto e perseguita i suoi governanti, a meno che non siano del tutto remissivi e non concedano molta libertà, accusandoli di essere scellerati e oligarchici".
"Sì", disse, "fanno questo".
"E ricopre d'insulti", continuai, "coloro che si mostrano obbedienti alle autorità, trattandoli come uomini di nessun valore, contenti di essere schiavi, mentre elogia e onora in privato e in pubblico i governanti che sono simili ai sudditi e i sudditi che sono simili ai governanti. In una tale città non è inevitabile che la libertà tocchi il suo culmine?"
"Come no?"
"Inoltre, mio caro", aggiunsi, "l'anarchia penetra anche nelle case private e alla fine sorge persino tra gli animali".
"In che senso possiamo dire una cosa simile?", domandò.
"Nel senso", risposi, "che ad esempio un padre si abitua a diventare simile al figlio e a temere i propri figli, il figlio diventa simile al padre e pur di essere libero non ha né rispetto né timore dei genitori; un meteco [23] si eguaglia a un cittadino e un cittadino a un meteco, e lo stesso vale per uno straniero".
"In effetti accade questo", disse.
"E accadono altri piccoli inconvenienti dello stesso tipo: in una tale situazione un maestro ha paura degli allievi e li lusinga, gli allievi dal canto loro fanno poco conto sia dei maestri sia dei pedagoghi; insomma, i giovani si mettono alla pari dei più anziani e li contestano a parole e a fatti, mentre i vecchi, abbassandosi al livello dei giovani, si riempiono di facezie e smancerie, imitando i giovani per non sembrare spiacevoli e dispotici".
"Precisamente", disse.
"In una città come questa", seguitai, "caro amico, il limite estremo della libertà a cui può giungere il volgo viene toccato quando gli uomini e le donne comprati non sono meno liberi dei loro compratori. E per poco ci dimenticavamo di dire quanto sono grandi la parità giuridica e la libertà degli uomini nei confronti delle donne e delle donne nei confronti degli uomini!".
"Dunque", fece lui, "con Eschilo "diremo quel ch'ora ci venne al labbro"?"
[24] "È appunto ciò che sto dicendo", risposi: "nessuno, a meno di non constatarlo di persona, potrebbe convincersi di quanto la condizione degli animali domestici sia più libera qui che altrove. Le cagne, secondo il proverbio, diventano esattamente come le loro padrone, i cavalli e gli asini, abituati a procedere con grande libertà e fierezza, urtano per la strada chiunque incontrino, se non si scansa, e parimenti ogni altra cosa si riempie di libertà".
"Stai raccontando il mio sogno", [25] disse, "perché anche a me, quando vado in campagna, spesso capita proprio questo".
"Ma non capisci", domandai, "che la somma di tutti questi elementi messi insieme rammollisce l'anima dei cittadini a tal punto che, se si prospetta loro un minimo di sudditanza, si indignano e non lo sopportano? Tu sai che finiscono per non curarsi neppure delle leggi, scritte e non scritte, affinché tra loro non ci sia assolutamente alcun padrone".
"E come se lo so!", rispose.
"Dunque, amico mio", dissi, "questo mi sembra l'inizio bello e vigoroso da cui nasce la tirannide".
"Davvero vigoroso!", esclamò. "Ma che cosa succede dopo?"
"Lo stesso malanno", continuai, "che si manifesta nell'oligarchia portandola alla rovina, nasce anche nella democrazia, più forte e violento a causa della licenza, e la asservisce. In effetti l'eccesso produce di solito un grande mutamento in senso contrario, nelle stagioni, nelle piante, negli animali e non ultimo anche nelle forme di governo".
"È naturale", disse.
"Infatti l'eccessiva libertà non sembra mutarsi in altro che nell'eccessiva schiavitù, tanto per il singolo quanto per la città".
"Sì, è naturale".
"Ed è quindi naturale", ripresi, "che la tirannide si formi solo dalla democrazia, ossia che dall'estrema libertà si sviluppi la schiavitù più grave e più feroce".
Platone Repubblica libro VIII ( 390-360 a.c.)
"Quindi la tirannide nasce dalla democrazia allo stesso modo in cui questa nasce dall'oligarchia?"
"In che modo?"
"Il bene che i cittadini si proponevano", spiegai, "e per il quale avevano istituito l'oligarchia era la ricchezza eccessiva: non è vero?"
"Sì".
"Ma l'insaziabile brama di ricchezza e la noncuranza d'ogni altro valore a causa dell'affarismo l'hanno portata alla rovina".
"È vero" disse.
"E anche la disgregazione della democrazia non è provocata dall'insaziabile brama di ciò che si prefigge come bene?"
"E che cosa, secondo te, si prefigge?"
"La libertà", risposi. "In una città democratica sentirai dire che questo è il bene supremo e quindi chi è libero per natura dovrebbe abitare soltanto là".
"In effetti si ripete spesso questa sentenza", osservò.
"Come stavo per chiederti", proseguii, "non sono dunque la brama insaziabile e la noncuranza d'ogni altro valore a trasformare questa forma di governo e a prepararla ad avere bisogno della tirannide?"
"In che senso?", domandò.
"A mio parere, quando una città democratica, assetata di libertà, viene ad essere retta da cattivi coppieri, si ubriaca di libertà pura oltre il dovuto e perseguita i suoi governanti, a meno che non siano del tutto remissivi e non concedano molta libertà, accusandoli di essere scellerati e oligarchici".
"Sì", disse, "fanno questo".
"E ricopre d'insulti", continuai, "coloro che si mostrano obbedienti alle autorità, trattandoli come uomini di nessun valore, contenti di essere schiavi, mentre elogia e onora in privato e in pubblico i governanti che sono simili ai sudditi e i sudditi che sono simili ai governanti. In una tale città non è inevitabile che la libertà tocchi il suo culmine?"
"Come no?"
"Inoltre, mio caro", aggiunsi, "l'anarchia penetra anche nelle case private e alla fine sorge persino tra gli animali".
"In che senso possiamo dire una cosa simile?", domandò.
"Nel senso", risposi, "che ad esempio un padre si abitua a diventare simile al figlio e a temere i propri figli, il figlio diventa simile al padre e pur di essere libero non ha né rispetto né timore dei genitori; un meteco [23] si eguaglia a un cittadino e un cittadino a un meteco, e lo stesso vale per uno straniero".
"In effetti accade questo", disse.
"E accadono altri piccoli inconvenienti dello stesso tipo: in una tale situazione un maestro ha paura degli allievi e li lusinga, gli allievi dal canto loro fanno poco conto sia dei maestri sia dei pedagoghi; insomma, i giovani si mettono alla pari dei più anziani e li contestano a parole e a fatti, mentre i vecchi, abbassandosi al livello dei giovani, si riempiono di facezie e smancerie, imitando i giovani per non sembrare spiacevoli e dispotici".
"Precisamente", disse.
"In una città come questa", seguitai, "caro amico, il limite estremo della libertà a cui può giungere il volgo viene toccato quando gli uomini e le donne comprati non sono meno liberi dei loro compratori. E per poco ci dimenticavamo di dire quanto sono grandi la parità giuridica e la libertà degli uomini nei confronti delle donne e delle donne nei confronti degli uomini!".
"Dunque", fece lui, "con Eschilo "diremo quel ch'ora ci venne al labbro"?"
[24] "È appunto ciò che sto dicendo", risposi: "nessuno, a meno di non constatarlo di persona, potrebbe convincersi di quanto la condizione degli animali domestici sia più libera qui che altrove. Le cagne, secondo il proverbio, diventano esattamente come le loro padrone, i cavalli e gli asini, abituati a procedere con grande libertà e fierezza, urtano per la strada chiunque incontrino, se non si scansa, e parimenti ogni altra cosa si riempie di libertà".
"Stai raccontando il mio sogno", [25] disse, "perché anche a me, quando vado in campagna, spesso capita proprio questo".
"Ma non capisci", domandai, "che la somma di tutti questi elementi messi insieme rammollisce l'anima dei cittadini a tal punto che, se si prospetta loro un minimo di sudditanza, si indignano e non lo sopportano? Tu sai che finiscono per non curarsi neppure delle leggi, scritte e non scritte, affinché tra loro non ci sia assolutamente alcun padrone".
"E come se lo so!", rispose.
"Dunque, amico mio", dissi, "questo mi sembra l'inizio bello e vigoroso da cui nasce la tirannide".
"Davvero vigoroso!", esclamò. "Ma che cosa succede dopo?"
"Lo stesso malanno", continuai, "che si manifesta nell'oligarchia portandola alla rovina, nasce anche nella democrazia, più forte e violento a causa della licenza, e la asservisce. In effetti l'eccesso produce di solito un grande mutamento in senso contrario, nelle stagioni, nelle piante, negli animali e non ultimo anche nelle forme di governo".
"È naturale", disse.
"Infatti l'eccessiva libertà non sembra mutarsi in altro che nell'eccessiva schiavitù, tanto per il singolo quanto per la città".
"Sì, è naturale".
"Ed è quindi naturale", ripresi, "che la tirannide si formi solo dalla democrazia, ossia che dall'estrema libertà si sviluppi la schiavitù più grave e più feroce".
Platone Repubblica libro VIII ( 390-360 a.c.)
La vecchiaia
Parafrasando Oriana Fallaci
“La vecchiaia è una bellissima età … essa è la stagione della libertà … Da giovane , convinto di essere libero, mi preoccupavo del futuro, mi lasciavo influenzare da un mucchio di cose o persone e, in pratica, non facevo altro che obbedire … ai genitori, ai maestri, ai professori, ai capi … Da grande continuavo a credere di essere libero : ma non lo ero ; mi lasciavo condizionare dai giudizi malevoli, dalle critiche, dalle conseguenze delle mie scelte, dalle ambizioni, da errate chimere … Ora il futuro è arrivato e sono libero di una libertà completa, assoluta . .. La vecchiaia è bellissima perché da vecchi si capisce ciò che da giovani e perfino da adulti non s’era capito. Perché con le esperienze, le informazioni, i ragionamenti, che abbiamo accumulato, tutto s’è fatto chiaro … molto più chiaro … alcuni chiamano questo saggezza ; sono saggio ? non lo so , ma tendo a escluderlo … so che grazie a quelle esperienze, quelle informazioni, quei ragionamenti , il mio cervello è migliorato come un buon vino rosso. Ha intensificato il suo sapore , ha assorbito le energie che il resto del corpo ha perduto.."
Berlusconi- Mubarak
Sembra passato inosservato . Ma il colpo che il 4 scorso Berlusconi ha dato agli altri Paesi europei e agli Usa è stato micidiale. Di che si tratta ? Sulla questione egiziana i 26 europei hanno preso una posizione comune : nella sostanza: “ Mubarak è finito ; che gli egiziani trovino una soluzione transitoria, per arrivare a nuove elezioni democratiche , rispettose dei valori di libertà espressi dalla piazza” . Questa è la soluzione mediana , uscita da due ali estreme ; quella dell’inglese Cameron che chiedeva la immediata sfiducia a Mubarak da parte della UE , pena sanzioni europee all’Egitto . E quella di Berlusconi che ha confermato la propria fiducia su Mubarak per gestire questo periodo di transizione; ed è andato oltre : ha dichiarato che Mubarak è un vecchio saggio stimato e apprezzato finora in tutto l’ Occidente e saprà lui come portare a soluzione i problemi del proprio Paese.
Con questa posizione , Berlusconi ha centrato una serie di obbiettivi:
- ha confermato l’importanza dei rapporti, anche personali, di alleanza e fiducia tra Stati, in un momento difficile per il Presidente egiziano, scaricato con leggerezza da molti dei suoi ex amici.
- Ha sbugiardato una politica americana ,equivoca e scivolosa, sulla questione e spesso del tutto incomprensibile ; da che parte sta Obama, quando ha urlato davanti al mondo intero che Mubarak se ne doveva andare “now”, ora, subito ? Stava parlando del capo di un grande Paese alleato strategico e amico, non di un suo garzone di bottega.
- Ha messo all’angolo anche Francia e Inghilterra , che probabilmente si portano ancora addosso complessi coloniali, per cui pretendono di comandare in casa altrui con valori propri, rimangiandosi in un attimo e senza spiegazione, mille intese fatte fino a qualche giorno prima ( per esempio Mubarak presiedeva con Sarkozy la Conferenza dei Paesi del Mediterraneo, su proposta dello stesso Presidente francese ).
- E’ così diventato l’interlocutore privilegiato di Israele, che non riesce a raccapezzarsi in questo voltafaccia superficiale e sbrigativo di molti grandi Paesi occidentali .
- Sarà probabilmente il ponte privilegiato di molti Paesi arabi importanti verso l’Europa Russia compresa, avendo dimostrato di essere l’unico a saper mantenere patti e alleanze, contro ogni forma di ipocrisia ,particolarmente di moda in questi ultimi tempi.
- E, in ogni modo , nel realismo della politica, se Mubarak terrà , in maniera più o meno formale, fino a settembre , lui e i suoi saranno riconoscenti alla correttezza italiana; se perderanno, gli eventuali nuovi dirigenti dovranno ricostruire tutti i rapporti con l’Italia,ma anche con quei Paesi che hanno scaricato troppo sbrigativamente Mubarak.
La strada che sembra aperta in Egitto oggi è quella di una transizione gestita dagli uomini di Mubarak ( leggi forze armate ) con un orecchio attento alle persone e ai problemi dell’opposizione civile presente nel Paese ; più difficile sarà il rapporto con la componente confessionale dei “ fratelli mussulmani”. Resta tuttavia un grande punto interrogativo su tutte queste vicende, comprese quelle tunisine di qualche giorno fa . Mubarak,ma anche Ben Ali , erano stati capi dei Servizi segreti dei loro Paesi, quindi uomini che hanno lavorato per decenni a stretto contatto con la CIA , con gli americani e con gli israeliani. Perché sono stati scaricati improvvisamente e brutalmente da Obama ? Con quale logica e con quale prospettiva, visto che la macchia di presunta rivolta si sta estendendo ad altri Paesi arabi ( rivolta organizzata soprattutto attraverso internet , talvolta risoltasi anche con flop clamorosi, come quello siriano ; o rappresentata con milioni di partecipanti assiepati in una piazza del Cairo, capace di contenere non più di cento mila persone ). E ‘ altresì poco chiaro il silenzio dei “fratelli mussulmani” egiziani, che sono l’unico vero pericolo per le loro forze armate ( e quindi anche per Mubarak ) ; e che sono e restano, in quanto teocrati, i veri nemici dei valori di vita e di democrazia, occidentali. E allora cosa vuol fare ,con questo curioso slalom, Obama ? Ci sono cose che non sappiamo ? Ce le dica ,o ce le faccia capire, nel limite del possibile. Per ora bene ha fatto Berlusconi a smarcarsi dal gregge degli opportunisti,pseudo- americaneggianti.
Pubblicato da " l'Occidentale" il 7 febbraio 2011
Con questa posizione , Berlusconi ha centrato una serie di obbiettivi:
- ha confermato l’importanza dei rapporti, anche personali, di alleanza e fiducia tra Stati, in un momento difficile per il Presidente egiziano, scaricato con leggerezza da molti dei suoi ex amici.
- Ha sbugiardato una politica americana ,equivoca e scivolosa, sulla questione e spesso del tutto incomprensibile ; da che parte sta Obama, quando ha urlato davanti al mondo intero che Mubarak se ne doveva andare “now”, ora, subito ? Stava parlando del capo di un grande Paese alleato strategico e amico, non di un suo garzone di bottega.
- Ha messo all’angolo anche Francia e Inghilterra , che probabilmente si portano ancora addosso complessi coloniali, per cui pretendono di comandare in casa altrui con valori propri, rimangiandosi in un attimo e senza spiegazione, mille intese fatte fino a qualche giorno prima ( per esempio Mubarak presiedeva con Sarkozy la Conferenza dei Paesi del Mediterraneo, su proposta dello stesso Presidente francese ).
- E’ così diventato l’interlocutore privilegiato di Israele, che non riesce a raccapezzarsi in questo voltafaccia superficiale e sbrigativo di molti grandi Paesi occidentali .
- Sarà probabilmente il ponte privilegiato di molti Paesi arabi importanti verso l’Europa Russia compresa, avendo dimostrato di essere l’unico a saper mantenere patti e alleanze, contro ogni forma di ipocrisia ,particolarmente di moda in questi ultimi tempi.
- E, in ogni modo , nel realismo della politica, se Mubarak terrà , in maniera più o meno formale, fino a settembre , lui e i suoi saranno riconoscenti alla correttezza italiana; se perderanno, gli eventuali nuovi dirigenti dovranno ricostruire tutti i rapporti con l’Italia,ma anche con quei Paesi che hanno scaricato troppo sbrigativamente Mubarak.
La strada che sembra aperta in Egitto oggi è quella di una transizione gestita dagli uomini di Mubarak ( leggi forze armate ) con un orecchio attento alle persone e ai problemi dell’opposizione civile presente nel Paese ; più difficile sarà il rapporto con la componente confessionale dei “ fratelli mussulmani”. Resta tuttavia un grande punto interrogativo su tutte queste vicende, comprese quelle tunisine di qualche giorno fa . Mubarak,ma anche Ben Ali , erano stati capi dei Servizi segreti dei loro Paesi, quindi uomini che hanno lavorato per decenni a stretto contatto con la CIA , con gli americani e con gli israeliani. Perché sono stati scaricati improvvisamente e brutalmente da Obama ? Con quale logica e con quale prospettiva, visto che la macchia di presunta rivolta si sta estendendo ad altri Paesi arabi ( rivolta organizzata soprattutto attraverso internet , talvolta risoltasi anche con flop clamorosi, come quello siriano ; o rappresentata con milioni di partecipanti assiepati in una piazza del Cairo, capace di contenere non più di cento mila persone ). E ‘ altresì poco chiaro il silenzio dei “fratelli mussulmani” egiziani, che sono l’unico vero pericolo per le loro forze armate ( e quindi anche per Mubarak ) ; e che sono e restano, in quanto teocrati, i veri nemici dei valori di vita e di democrazia, occidentali. E allora cosa vuol fare ,con questo curioso slalom, Obama ? Ci sono cose che non sappiamo ? Ce le dica ,o ce le faccia capire, nel limite del possibile. Per ora bene ha fatto Berlusconi a smarcarsi dal gregge degli opportunisti,pseudo- americaneggianti.
Pubblicato da " l'Occidentale" il 7 febbraio 2011
I Post del 2010
dicembre (21)
2010 da Destra
Felicità
L' Annunciazione di Simone Martini
Ostruzione, ostruzione
La mia ombra
Pollici e piedi
La Destra e la Sinistra
Il toccamano di Renzi
Nevica
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Parole
La giornataccia
La pubblicità, anima del commercio
Wiki
Ipo-crita
Ho un gran culo !
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Poveri noi
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No a la qualunque
Batti becco
novembre (12)
L' infinito
Termodinamica e rifiuti
Una scienza
L'età del ferro
L'arte del tacere
Povero Saviano !
Annunciazione Annunciazione
Un pelo
Granducato di Toscana 2
'A mmonnezza !
I Goliardi
In Tribunale
ottobre (23)
Granducato di Toscana
I moralisti
Dio c'è
Cantico delle creature
Sono etrusco
Fini e i sovietici
Vuoto
Terzigno
Mi dispiace ma è quasi così
L'ira
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Dietrologia serba
Il Sant'Oro Nudo
Ernesto Pascale
La macchietta
La gioiosa macchina da guerra
I burattini
...per muovermi mi sono mosso...
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La decrescita
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Rom: dal Lussemburgo con amore
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gennaio (3)
W la France ! Sarkò il chiacchierone
Dei Fasci
Caro Bettino
Francia ; les juges confrères
La confraternita dei giudici funziona bene anche in Francia.
Un maniaco sessuale esce di prigione. Nel 2010 i suoi parenti lo denunciano per 7 volte alla polizia, per violenze pericolose. Né il giudice che lo aveva rimesso in libertà, né la polizia danno seguito alle denuncie. Una sera una ragazza di 18 anni sparisce. ; il maniaco viene arrestato, perché dice di aver avuto un incidente con la ragazza in motorino. Ritrovano pezzi del corpo della povera Letitia in uno stagno. Il presunto assassino si è chiuso nel mutismo più assoluto. Sarkozy dichiara che i responsabili di non aver vigilato sull’uscita dal carcere del presunto assassino e di non aver dato seguito alle denuncie ripetute sulla pericolosità dell’uomo, dovranno rispondere dei propri errori.
I giudici si chiudono a riccio , a difendere la casta : sciopero ; la colpa è del Governo , che non dà soldi al sistema giudiziario. E fanno fare sciopero anche ai loro poliziotti.
Ecco ; ora cerchiamo di esportare questo sistema democratico di confraternite costituzionali , come valore universale da proporre o imporre in giro per il mondo ! Se possibile con la puzza al naso e l'insofferenza della "gauche caviar"...
venerdì 4 febbraio 2011
Le prediche al Faraone
Vogliamo sempre spiegare agli altri cosa fare : siamo predicatori.
In Egitto, come in tutto il nord-Africa e il medio-oriente arabi, ci sono ormai da decenni ( e,se si sale nella loro storia antica ,da secoli )regimi autoritari, forti delle loro armate, delle loro “monarchie” o delle loro “teocrazie”. Con questi regimi il mondo, tutto il mondo , Europa e Stati Uniti compresi, hanno sempre lavorato.
Improvvisamente , grazie anche alla lotta di popoli contro la povertà, l’ Occidente sembra aver scoperto in alcuni “amici”, fino a ieri onorati e riveriti, degli sporchi dittatori. Nella storia il “tradimento” non è una novità ; anzi è più la regola che l’eccezione.
In Egitto l’Occidente si è mescolato, con bordate diplomatiche e giornalistiche contro Mubarak. La vecchia “autodeterminazione dei popoli “ è andata in soffitta. Il nostro alto ideale è quello che tutti siano organizzati politicamente come noi. A parte il fatto che molti dei nostri sistemi politici sono in profonda crisi democratica e rappresentativa, la lettura di sistemi politici con occhi stranieri può essere sempre un grande errore. Nel concreto ; cosa vogliamo noi in Egitto? Diciamo quello che non vogliamo ; si fa prima. Non vogliamo un Paese “belligerante”, soprattutto nei confronti di Israele . Non vogliamo un Paese “teocratico”, destabilizzatore del pacifico e libero confronto religioso tra i popoli. Non vogliamo un Paese in guerra civile nel civilissimo mediterraneo , ai confini con il confronto ,anche armato, tra israeliani e palestinesi. Ecco tutto questo non vogliamo.
Si dice che quando Bush chiamò alla guerra contro l’ Iraq di Saddam, Mubarak era contrario ; e consigliò a Bush di fare una guerra lampo , di prendere Saddam e il suo clan, di cacciarlo via e di trovare un generale da mettere subito con le forze armate a capo dell’Iraq. Questo è il generale di aviazione Hosni Mubarak .
Cosa sta succedendo in Egitto ? C’è una ribellione dei poveri ; c’è una ribellione di giovani che vogliono la libertà, imparata soprattutto grazie alle televisioni satellitari e internet ; c’ è una ribellione di “minoranze” politiche, contro il sistema Mubarak; c’ è una ribellione di integralisti religiosi contro un sistema militare laico. Ma c’è anche chi naturalmente difende il sistema attuale militare, burocratico, con reti industriali, finanziarie, turistiche e commerciali . Quindi ci sono tutte le condizioni per un pericolo di guerra civile.
I giornalisti occidentali, in gran parte abbarbicati alle finestre , fanno il tifo contro Mubarak : ma anche contro gli integralisti religiosi ; quindi gli uni e gli altri tendono a prenderli a calci sul sedere. Sembrano poco cronisti e molto partigiani.
La democrazia e soprattutto la nostra democrazia non è esportabile, a meno di non fare quello che una volta veniva chiamato prima colonialismo e poi imperialismo. Chi ha provato a discutere a fondo con gente di Paesi che non hanno mai conosciuto elezioni o parlamenti come i nostri, si è reso conto che frammenti di democrazia si trovano anche nella dittatura del proletariato o nei sistemi imperiali ; il fatto più importante è il rispetto della storia e dei valori e della volontà dei popoli ( dei popoli e non delle piccole avanguardie politiche o religiose) .
L’Egitto scelga quello che vuole il popolo egiziano , ma non le sue avanguardie, talvolta supportate e capite soprattutto da noi ,laici occidentali, ma anche da teocrati integralisti mussulmani.
La transizione per un nuovo equilibrio deve essere scelto dalle diverse forze in campo oggi in Egitto; compresa quella al potere , cioè quella militare, che era di Mubarak.
Le prediche dell’ Europa e degli USA rischiano di essere patetiche, se non fosse per la loro pericolosità quando sono dirette contro l’autodeterminazione egiziana ( e se gli egiziani volessero continuare ad essere governati dalle proprie “eroiche” forze armate; oppure dai barbuti islamisti; saremmo titolati a intervenire noi, non egiziani ? ); e anche ridicole , quando toccano i tasti etici, come la corruzione di sistemi che siamo noi stessi , europei e americani, a corrompere; o quando tifano per un candidato di origine egiziana, ma “austriaco” ( come lo chiamano gli stessi egiziani) per vita, interessi culturali e professionali. No, l’autodeterminazione dei popoli deve essere difesa e aiutata, anche se richiede grande pazienza e soprattutto grande apertura intellettuale ; i tifosi devono limitare il proprio attivismo al mondo sportivo; non sono sopportabili nel mondo della ragione , della storia e dei rapporti tra i popoli.
Tafazzi ama el Marhoug
Tafazzi gode. E' riuscito a portare in Parlamento anche Kharima el Marhoug , detta Ruby.
Il leader della cosiddetta "sinistra" continua la goduriosa raffica di martellate ; e ha gridato di gioia per il dolore.
Ha quindi organizzato un'orgia boccaccesca con i suoi compagni, integralisti di ogni tipo e di ogni sesso ; là si sono registrate , tra l'altro, gioiose sofferenze e allegre penitenze.
mercoledì 2 febbraio 2011
Saviano
Pubblichiamo, per gentile concessione dell’editore, un brano tratto da“Popstar della cultura” di Alessandro Trocino, Fazi editore.
Quando Dal Lago, nell’ormai celebre libello, lo chiamerà «eroe di carta», Saviano reagirà con sdegno. E con lui la schiera dei fedelissimi. Le accuse del sociologo sono circostanziate, anche se talvolta inesatte. Le repliche saranno virulente. Dal Lago prende di petto Saviano e Gomorra, che considera «una bolla comunicativa senza precedenti». Non si salva quasi nulla dell’opera né dell’autore. Demoliti lo stile, l’impianto narrativo, la confusione tra io narrante, io autore e io reale, le imprecisioni narrative, la «retorica consolatoria basata sui sensi di colpa», «l’insalata di camorristi in trasferta, periferie francesi e napoletane, talebani, mafiosi turchi…», la tesi che «il capitalismo globale è criminale », le immagini a effetto, le iperboli cinematografiche e fumettistiche, «l’assenza del politico», «l’esaltazione romantica e antistorica della lotta contro i criminali come gesto morale», «l’assoluzione di principio del potere statale», «l’assenza di documentazione», la «riduzione del nemico a caricatura», «la funzione anestetizzante e distraente della retorica dell’eroismo», «l’ottica ossessiva di scrittore anticamorra». (...)
Ma la violenza dell’accusa è resa forse necessaria da quella cortina di consenso acritico che circonda Saviano fin dall’apparizione di Gomorra e soprattutto dal rischio che i pasdaran dell’ortodossia militante finiscano per annullare anche i pregi dell’opera. Rotto l’incantesimo, spezzata l’illusione infantile dell’eroismo di carta, illuminata l’ingenuità corriva di chi ha proiettato la propria inerzia intellettuale e civile nell’attivismo letterario del “savianismo”, svelato il meccanismo di produzione mediatica e sociale dell’icona, si può e si deve finalmente restituire l’uomo Roberto Saviano a se stesso e Gomorra alla storia contemporanea.
Spezzato il corto circuito tra opera e vita, accertata la natura postideologica del fenomeno, cancellato il glamour mediatico, sceverati i detrattori razionali dai mestatori politici (se non peggio), annullato il meccanismo ricattatorio della buona causa, ci si può chiedere però che cosa resta. Resta un’opera che ha meritoriamente attirato l’attenzione sull’urgenza della lotta contro la criminalità organizzata. Un’opera che ha svelato i meccanismi globali, economici e sociali, della camorra. Un’opera che ha saputo dare corpo a una militanza che non è una diminutio definire anche e soprattutto letteraria.
Bisognerebbe, forse, leggere di più Gomorra e ascoltare di meno Saviano. Che sembra aver imboccato un vicolo cieco. Sovrastato da un compito forse più grande di lui, ovvero quello di rappresentare il nuovo Pasolini per un’Italia confusa e devastata da vent’anni di berlusconismo e di liquefazione della sinistra, ha scelto di diventare, oltre che un eroe anticamorra, un santino dell’antiberlusconismo e un testimone dell’indignazione permanente. Ha recitato la “messa” televisiva insieme a Fabio Fazio, ha rielaborato la macchina del fango (che pure c’è stata, quella del governo Berlusconi e dei suoi media, e ha funzionato a pieno ritmo), in un processo crescente di santorizzazione. In Vieni via con me è stato piuttosto sconfortante assistere alla confusa rievocazione degli ultimi mesi di vita di Giovanni Falcone, che metteva insieme la campagna di diffamazione dei mafiosi e le legittime perplessità e critiche di un grande scrittore e intellettuale antimafia come Leonardo Sciascia e di «una persona perbene» (come l’ha definito lo stesso Saviano) come Alfredo Galasso. Una ricostruzione tanto superficiale quanto pericolosa, che glissava sulla denuncia di Leoluca Orlando («Falcone tiene le inchieste nei cassetti»), per attaccare Sciascia, scrittore che ha illuminato i meccanismi perversi della mafia e autore di una denuncia contro i “professionisti dell’antimafia”. Polemica, quest’ultima, sulla quale si può non essere d’accordo, ovviamente. Ma derubricare a «macchina del fango» le legittime obiezioni di chi metteva in discussione i criteri di promozione dei magistrati e di chi temeva la perdita di indipendenza di un giudice come Falcone chiamato a Roma a lavorare agli Affari Penali dal ministro Claudio Martelli, non è un peccato veniale, ma un errore grave, sostanziale. Significa essersi arruolato in una guerra che non ammette distinzioni, sfumature, ragionamenti. Una drôle de guerre che non tollera onestà e indipendenza intellettuale ma solo militanza in trincea e adesione incondizionata alla causa. Così come lascia perplessi il fatto che Saviano abbia ancora una volta usato strumentalmente il passato come traccia del presente, parlando a sproposito di una vittima della mafia per evocare e delegittimare le critiche, tutte le critiche, contro la sua opera e la sua immagine.
Saviano ha ripreso a declinare la sua figura pubblica come un discrimine tra il bene e il male. Da una parte lui (la sua probità morale, il suo coraggio civile, la sua denuncia politica); dall’altra la camorra e Berlusconi. Da una parte gli amici, dall’altra i nemici. Da una parte i seguaci, dall’altra la macchina del fango. Ancora una volta, come se le critiche in buona fede non avessero cittadinanza, ha diviso il mondo in buoni e cattivi. Con un linguaggio tipicamente berlusconiano, sia pure con contenuti di tutt’altro tipo, che si nutre di narcisismo mediatico e manicheismo, codici tra i più deleteri dell’infelice era del Caimano. Non esiste un populismo mediatico di segno positivo. Neanche nella forma, cara a Nichi Vendola, di un populismo dolce e gentile. È piuttosto un inganno, una trappola, un pericolo. Un boomerang che produce l’effetto opposto di quello invocato. Una forma di persuasione che tende a banalizzare, che non crea democrazia e informazione ma appiattimento e semplificazione. Un meccanismo perverso che non produce popolo ma solo plebe, non individui ma masse.
da Il Riformista 2/2/ 2011
Il Faraone accompagnato
Il Faraone è accompagnato nell'al di là da Horus e Anubis
"Perché qui, nel suo bar, lei ha due fotografie dietro al banco, una la sua e l’altra quella di Gamal Mubarak, figlio del Presidente?”. "E’ il mio socio!", dice sorridendo il barista. La battaglia egiziana ha diversi attori, tutti interpreti importanti. Mubarak ha 83 anni; quindi c’è il problema della sua successione; si parla, da una decina di anni, del figlio Gamal, che il rais ha preparato alla funzione da quando era studente. E ciò non piace al sistema militare, vero padrone dello Stato; ma non piace neppure a tutte le altre componenti civili della società egiziana, salvo quella degli affari, ove egli imperversa, dalle grandi compagnie alle botteghe. Non piace neppure al mondo occidentale, a cominciare dagli americani, che preferiscono parlare con dirigenti politici o militari o espressione dei militari, tenuto conto della delicata situazione geo-politica egiziana. Quindi, no a Gamal Mubarak, pretendente alla successione e già a capo di una rete importante di interessi più o meno leciti.
Il 23 gennaio scorso, in Egitto, cristiani copti furono attaccati e ammazzati da fanatici islamisti. I “Fratelli Mussulmani”, considerati rete conservatrice e integralista religiosa, sono fuori legge. Ciononostante essi hanno un potere reale e forte nel popolo. Laddove lo stato non riesce ad arrivare, arrivano i “fratelli” , soprattutto nel “sociale”, scuola e salute. E hanno fama di onestà e di altruismo. Oggi i “fratelli” non sembrano mostrarsi disponibili a uscire allo scoperto, per combattere apertamente il potere; temono che i propri adepti entrino in contrasto violento contro il “sistema”, rischiando giustificate repressioni, altrettanto violente, capaci di dar loro un colpo mortale. Se la fratellanza scendesse formalmente in piazza, lo evidenzierebbero subito i numeri: le manifestazioni passerebbero da qualche decina di migliaia di partecipanti, a centinaia di migliaia. Le minoranze non si sentono più protette da Mubarak (e lo sentimmo tra i copti sopravvissuti alla strage del 23 gennaio), ma neppure le ali integraliste degli islamici possono sostenere chi le contrasta più o meno apertamente. Oggi copti e mussulmani marciano assieme al Cairo, se pur senza organizzazioni religiose formali.
Un chilo di carne al Cairo costa oggi un quinto dello stipendio mensile medio di un lavoratore. I beni alimentari di base hanno registrato aumenti che hanno impoverito milioni di persone, che si sono trovate rapidamente da ceto medio a ceto povero. E il ceto medio egiziano è fatto anche di molti diplomati o laureati. I “poveri” dunque (dai mendicanti, ai commercianti, ai funzionari ministeriali, agli studenti e ai professori) sono scesi in piazza.
Le forze armate egiziane sono la casta che dirige il Paese. Ci lavorano direttamente più di 700 mila persone e indirettamente qualche altro milione. Dopo la caduta del re Farouk nel 1952, le forze armate sono al potere; un potere, con parlamento che legifera, ma con i militari che decidono e comandano, anche sulla polizia. L’età del rais, i movimenti politici (Gamal Mubarak) e religiosi (copti-mussulmani), la situazione economica, con ineguaglianze sociali sempre più forti, probabilmente hanno spinto le forze armate a prendere decisioni sul loro futuro e su quello del Paese; e la piazza è stata così utilizzata. Bisogna vedere solo se i generali riusciranno a controllare i propri colonnelli; o se questi potranno o vorranno spazzar via tutti, i generali e il loro rais; fatto questo molto poco probabile, tenuto conto della struttura e del funzionamento del sistema militare egiziano.
Mubarak ha immediatamente nominato un suo vice; per 30 anni non lo aveva fatto; quindi il segnale è stato forte e chiaro; il figlio Gamal dovrà cercarsi un lavoro all’estero (non avrà problemi…); il nominato Omar Suleiman, già capo dei Servizi Segreti, di fatto è il designato alla successione dal sistema militare; egli sembra gradito a tutto il mondo occidentale, a cominciare dagli americani e da Israele (che sta sostenendo Mubarak, forse proprio per agevolare il suo allontanamento ). La prima mossa che ha fatto è stata quella di aprire il dialogo con la piazza; in sostanza ha impedito ogni repressione, accompagnando i manifestanti con i carri armati, conquistandone la fiducia. Sa benissimo che il dialogo non ci sarà, perché i manifestanti non hanno rappresentanti reali (la designazione di El Baradei sembra al momento più una auto-designazione che il mandato di qualcuno). E forse il suo piano sarà più semplice del previsto: accompagnare il popolo che protesta, cercando di preservare solo il patrimonio nazionale e i palazzi del “potere”; cominciare ad accompagnare Mubarak fuori dalla porta; accompagnare il Parlamento a lavorare con diversi partiti politici, cercando di controllarne la formazione e la loro espressione nella società; accompagnare la liberalizzazione religiosa (compito difficile, essendo stato egli a capo di tutte le repressioni contro gli integralisti); accompagnare una più equa ripartizione dei redditi e una liberalizzazione corretta del mercato, contro la corruzione delle oligarchie al potere (i militari sono considerati in Egitto una casta privilegiata, ma onesta).
Di fatto questo piano sembra anche il sottinteso delle recenti dichiarazioni di Hillary Clinton, per conto di Barak Obama; e, mentre Omar Suleiman veniva nominato, il capo di stato maggiore egiziano era già a Washington. Ora Suleiman dovrà armarsi solo di pazienza: i manifestanti sono alla fame; un giorno di sciopero per molti di loro e delle loro famiglie significa non avere da mangiare. D’altra parte la piazza avrà avuto una sua vittoria, con la partenza dei Mubarak, padre e figlio, con un progetto di nuove elezioni e con il potere ai militari che hanno accompagnato le loro manifestazioni. In una parola, Omar Suleiman dovrà passare dalla qualifica di “aggiustatore” (come lo chiamavano negli ambienti dei servizi internazionali) a quella di “accompagnatore”, che sembra oggi la più appropriata.
Pubblicato da "L' Occidentale" il 2/2/2011
"Perché qui, nel suo bar, lei ha due fotografie dietro al banco, una la sua e l’altra quella di Gamal Mubarak, figlio del Presidente?”. "E’ il mio socio!", dice sorridendo il barista. La battaglia egiziana ha diversi attori, tutti interpreti importanti. Mubarak ha 83 anni; quindi c’è il problema della sua successione; si parla, da una decina di anni, del figlio Gamal, che il rais ha preparato alla funzione da quando era studente. E ciò non piace al sistema militare, vero padrone dello Stato; ma non piace neppure a tutte le altre componenti civili della società egiziana, salvo quella degli affari, ove egli imperversa, dalle grandi compagnie alle botteghe. Non piace neppure al mondo occidentale, a cominciare dagli americani, che preferiscono parlare con dirigenti politici o militari o espressione dei militari, tenuto conto della delicata situazione geo-politica egiziana. Quindi, no a Gamal Mubarak, pretendente alla successione e già a capo di una rete importante di interessi più o meno leciti.
Il 23 gennaio scorso, in Egitto, cristiani copti furono attaccati e ammazzati da fanatici islamisti. I “Fratelli Mussulmani”, considerati rete conservatrice e integralista religiosa, sono fuori legge. Ciononostante essi hanno un potere reale e forte nel popolo. Laddove lo stato non riesce ad arrivare, arrivano i “fratelli” , soprattutto nel “sociale”, scuola e salute. E hanno fama di onestà e di altruismo. Oggi i “fratelli” non sembrano mostrarsi disponibili a uscire allo scoperto, per combattere apertamente il potere; temono che i propri adepti entrino in contrasto violento contro il “sistema”, rischiando giustificate repressioni, altrettanto violente, capaci di dar loro un colpo mortale. Se la fratellanza scendesse formalmente in piazza, lo evidenzierebbero subito i numeri: le manifestazioni passerebbero da qualche decina di migliaia di partecipanti, a centinaia di migliaia. Le minoranze non si sentono più protette da Mubarak (e lo sentimmo tra i copti sopravvissuti alla strage del 23 gennaio), ma neppure le ali integraliste degli islamici possono sostenere chi le contrasta più o meno apertamente. Oggi copti e mussulmani marciano assieme al Cairo, se pur senza organizzazioni religiose formali.
Un chilo di carne al Cairo costa oggi un quinto dello stipendio mensile medio di un lavoratore. I beni alimentari di base hanno registrato aumenti che hanno impoverito milioni di persone, che si sono trovate rapidamente da ceto medio a ceto povero. E il ceto medio egiziano è fatto anche di molti diplomati o laureati. I “poveri” dunque (dai mendicanti, ai commercianti, ai funzionari ministeriali, agli studenti e ai professori) sono scesi in piazza.
Le forze armate egiziane sono la casta che dirige il Paese. Ci lavorano direttamente più di 700 mila persone e indirettamente qualche altro milione. Dopo la caduta del re Farouk nel 1952, le forze armate sono al potere; un potere, con parlamento che legifera, ma con i militari che decidono e comandano, anche sulla polizia. L’età del rais, i movimenti politici (Gamal Mubarak) e religiosi (copti-mussulmani), la situazione economica, con ineguaglianze sociali sempre più forti, probabilmente hanno spinto le forze armate a prendere decisioni sul loro futuro e su quello del Paese; e la piazza è stata così utilizzata. Bisogna vedere solo se i generali riusciranno a controllare i propri colonnelli; o se questi potranno o vorranno spazzar via tutti, i generali e il loro rais; fatto questo molto poco probabile, tenuto conto della struttura e del funzionamento del sistema militare egiziano.
Mubarak ha immediatamente nominato un suo vice; per 30 anni non lo aveva fatto; quindi il segnale è stato forte e chiaro; il figlio Gamal dovrà cercarsi un lavoro all’estero (non avrà problemi…); il nominato Omar Suleiman, già capo dei Servizi Segreti, di fatto è il designato alla successione dal sistema militare; egli sembra gradito a tutto il mondo occidentale, a cominciare dagli americani e da Israele (che sta sostenendo Mubarak, forse proprio per agevolare il suo allontanamento ). La prima mossa che ha fatto è stata quella di aprire il dialogo con la piazza; in sostanza ha impedito ogni repressione, accompagnando i manifestanti con i carri armati, conquistandone la fiducia. Sa benissimo che il dialogo non ci sarà, perché i manifestanti non hanno rappresentanti reali (la designazione di El Baradei sembra al momento più una auto-designazione che il mandato di qualcuno). E forse il suo piano sarà più semplice del previsto: accompagnare il popolo che protesta, cercando di preservare solo il patrimonio nazionale e i palazzi del “potere”; cominciare ad accompagnare Mubarak fuori dalla porta; accompagnare il Parlamento a lavorare con diversi partiti politici, cercando di controllarne la formazione e la loro espressione nella società; accompagnare la liberalizzazione religiosa (compito difficile, essendo stato egli a capo di tutte le repressioni contro gli integralisti); accompagnare una più equa ripartizione dei redditi e una liberalizzazione corretta del mercato, contro la corruzione delle oligarchie al potere (i militari sono considerati in Egitto una casta privilegiata, ma onesta).
Di fatto questo piano sembra anche il sottinteso delle recenti dichiarazioni di Hillary Clinton, per conto di Barak Obama; e, mentre Omar Suleiman veniva nominato, il capo di stato maggiore egiziano era già a Washington. Ora Suleiman dovrà armarsi solo di pazienza: i manifestanti sono alla fame; un giorno di sciopero per molti di loro e delle loro famiglie significa non avere da mangiare. D’altra parte la piazza avrà avuto una sua vittoria, con la partenza dei Mubarak, padre e figlio, con un progetto di nuove elezioni e con il potere ai militari che hanno accompagnato le loro manifestazioni. In una parola, Omar Suleiman dovrà passare dalla qualifica di “aggiustatore” (come lo chiamavano negli ambienti dei servizi internazionali) a quella di “accompagnatore”, che sembra oggi la più appropriata.
Pubblicato da "L' Occidentale" il 2/2/2011
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