Ce la farà Emmanuel Macron a diventare il venticinquesimo presidente francese? Dipende. Ce la potrà fare se: il candidato “repubblicano” (centrodestra) François Fillon si ostinerà a mantenere la sua candidatura, nonostante le vicende giudiziarie che lo stanno screditando nel Paese e nell’opinione pubblica (se invece rinunciasse e passasse il testimone a Alain Juppé, sindaco di Bordeaux, per Macron potrebbero nascere seri problemi); la sinistra (socialisti, comunisti, frontisti, radicali, verdi e gruppuscoli vari) resterà divisa; i nazionalisti di Marine Le Pen resteranno isolati.
Ma cosa rappresenta politicamente Macron? Fu ingaggiato dal presidente François Hollande nella segreteria generale dell’Eliseo, come giovane tecnocrate, con ottimi studi e un buon avvio di carriera nella finanza (Banca Rothschild). Poi il presidente lo nominò addirittura ministro dell’Economia (a 37 anni). La sua matrice politica è quindi “socialista”, di fiducia del presidente. A luglio 2016 criticò il governo, Hollande tacque; poi si dimise da ministro, Hollande continuò a tacere; fondò il movimento “en marche”, in vista delle presidenziali, previste da lì a sei mesi. Alcuni socialisti, in maniera palese o nascosta, lo hanno sostenuto (come la “moglie “ e ministra all’Ambiente di Hollande e già candidata socialista alle presidenziali contro Sarkozy, Ségolene Royal).
C’è di che pensare che Macron sia stato spinto da Hollande alla sua successione. In effetti il presidente sapeva di aver mancato gran parte delle promesse che aveva fatto ai francesi nella sua campagna elettorale di cinque anni fa e di aver anche raggiunto livelli di impopolarità personale mai visti prima d’ora. Aveva inoltre capito che i socialisti, in quanto tali, avrebbero avuto enormi difficoltà a vincere le elezioni (anche per le loro divisioni interne). Decise di non ripresentarsi alle elezioni. Non solo: non partecipò neppure al confronto interno del suo partito per la scelta del candidato presidenziale, da presentare come suo successore (si fece trovare in Africa prima e poi in un deserto cileno irraggiungibile anche da cellulare, almeno così si disse).
Infine la bomba giudiziaria contro Fillon, dai contorni molto vaghi e noti da sempre (è accusato di aver fatto stipendiare moglie e figli dal Parlamento, come suoi assistenti a partire dal lontano 2003, pratica, sembra, abbastanza diffusa tra i deputati francesi): perché lo si è posto a una gogna giuridico-mediatica a due mesi dal voto? E da un voto dove Fillon e Macron si trovano di fatto “concorrenti” sullo stesso elettorato? Il “potere” è forse in qualche maniera intervenuto?
Macron ha così cominciato a volare nei sondaggi; senza programmi, ma con una propensione alla mondializzazione finanziaria e al mantenimento di questa Unione europea a trazione franco-tedesca, e cioè alle tesi contro le quali si era battuto Hollande nella sua campagna elettorale del 2012 (“il mio avversario non è monsieur Sarkozy, ma madame la Finance”).
In conclusione, il presidente avrebbe capito di aver perso la sua sfida (c’è chi dice che non l’ha neppure mai cominciata) e ha scelto di supportare un giovane successore, pescandolo nel campo avverso. Il suo partito, il Partito socialista, è rimasto male, è confuso e sta correndo qua e là. Ser Nicolò Machiavelli ha lasciato Firenze, si è trasferito a Parigi.
Marcello Inghilesi
Formiche 7 marzo 2017