viaaaa!!!

viaaaa!!!

sabato 31 agosto 2013

Scavando




SEAMUS HEANEY

Scavando
Tra il mio indice e il pollice sta la penna,
salda come una rivoltella.
Sotto la finestra, un rumore graffiante all’affondare della vanga nel terreno ghiaioso: 
è mio padre che scava. Guardo da basso,
Finché la sua schiena china tra le 
aiuole, si risolleva venti anni indietro, 
piegandosi a ritmo attraverso i solchi di patate che interrava.
Il rozzo scarpone accoccolato sulla staffa, 
il manico contro l’interno del ginocchio sollevato con fermezza, 
sradicava le alte cime, infossando a fondo l’orlo lucente 
per spargere le patate nuove che noi raccoglievamo 
amandone la fresca  durezza tra le mani.
Sapeva bene come usare una vanga, per Dio. 
Proprio come il suo vecchio.
Mio nonno tagliava più torba in una giornata 
di chiunque altro uomo alla torbiera di Toner. 
Una volta gli portai del latte in una bottiglia 
turata alla men peggio con un pezzo di carta. 
Si raddrizzò per berne e subito riprese 
a tagliare e intaccare nettamente, 
spalando pesanti zolle, gettandosele alle spalle, andando sempre più a fondo 
in cerca di buona torba. Scavando.
Il freddo aroma d’ amido nel terriccio, il risucchio 
e lo schiaffo della torba umida, i tagli netti della lama 
nelle radici vive, mi risvegliano la memoria. 
Ma non ho una vanga per imitare uomini come loro.

Tra il mio indice e pollice
sta salda la penna. 
Scaverò con quella.

Digging
Between my finger and my thumb   
The squat pen rests; snug as a gun.
Under my window, a clean rasping sound   
When the spade sinks into gravelly ground:   
My father, digging. I look down
Till his straining rump among the flowerbeds   
Bends low, comes up twenty years away   
Stooping in rhythm through potato drills   
Where he was digging.
The coarse boot nestled on the lug, the shaft   
Against the inside knee was levered firmly.
He rooted out tall tops, buried the bright edge deep
To scatter new potatoes that we picked,
Loving their cool hardness in our hands.
By God, the old man could handle a spade.   
Just like his old man.
My grandfather cut more turf in a day
Than any other man on Toner’s bog.
Once I carried him milk in a bottle
Corked sloppily with paper. He straightened up
To drink it, then fell to right away
Nicking and slicing neatly, heaving sods
Over his shoulder, going down and down
For the good turf. Digging.
The cold smell of potato mould, the squelch and slap
Of soggy peat, the curt cuts of an edge
Through living roots awaken in my head.
But I’ve no spade to follow men like them.
Between my finger and my thumb
The squat pen rests.
I’ll dig with it.

venerdì 30 agosto 2013

Mullah Bagnasco


(ANSA) - ROMA, 30 AGO - "L'ora è talmente urgente che qualunque intoppo o impuntatura, da qualunque parte provenga, resterà scritto a futura memoria". Lo afferma Angelo Bagnasco, presidente della Cei. "Nessuno partito può tirarsi fuori da scelte non rinviabili come l'emergenza lavoro o la legge elettorale, né permettersi di tirare a campare", aggiunge. "C'è un clima surriscaldato e demagogico che preferisce all'affronto dei problemi gli slogan e le dichiarazioni incendiarie. E intanto c'è chi ha bisogno del pane".

Ma che c'entra lui ??? Questi monoteisti sono tutti eguali !

lunedì 26 agosto 2013

Artigianato giudiziario



(ANSA) - PALERMO, 26 AGO - La corte d'appello di Palermo ha scarcerato i capimafia Salvatore Gioeli, Nunzio Milano, Settimo Mineo, Rosario Inzerillo, Emanuele Lipari e Gaetano Badagliacca.Erano stati tutti condannati a pene definitive superiori ai dieci anni nel processo Gotha. I giudici, dopo un annullamento con rinvio della Cassazione, hanno rideterminato le condanne escludendo l'aggravante della recidiva: ciò ha comportato una liberazione anticipata degli imputati, tutti esponenti di spicco di Cosa Nostra.

Il lavoro bisogna  saperselo costruire !

domenica 25 agosto 2013

Giudici al lavoro




Dare della "battona" a una escort é un reato - quello di ingiuria - e se accade in pubblico scattano le aggravanti. E' quanto afferma la Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui alcuni mesi fa ha confermato la condanna di un imprenditore che nell'ottobre 2010 aveva insultato un'accompagnatrice 40/enne a una festa in una villa a Roma, all'Olgiata. Lo rende noto l'avvocato Gianluca Arrighi, legale della donna. L'uomo era stato condannato a mille euro di multa dal giudice di pace penale e al risarcimento dei danni in sede civile. "L'espressione 'battona' proferita dall'imputato è lesiva dell'onore della querelante - scrivono i giudici - a nulla rilevando la circostanza, peraltro ammessa dalla stessa persona offesa, dell'effettivo esercizio da parte di quest'ultima del lavoro di escort e accompagnatrice".

Qui si lavora ! Altro che pizza e fichi !

venerdì 23 agosto 2013

Perorazione garantista




23 agosto 2013 - ore 06:59

Perorazione garantista

Se dopo tanti anni, a milioni stanno ancora con lui, ci sarà pure una ragione. Non basta il talento del comunicatore o l’appeal degli slogan contro la pressione fiscale. Se il Cav. seduce ancora è anche perché è l’unico che abbia osato sfidare la magistratura a petto in fuori. I tanti che alzano il ditino a difesa del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, dell’insopprimibile uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, i tanti che straparlano di sentenze che non vanno nemmeno commentate ma solo rispettate ed eseguite, i tanti che credono nella bontà di un sistema in cui magistrati di ogni ordine e grado sono indipendenti e liberi di sottrarsi a ogni controllo perché questo detta la Costituzione più bella del mondo, gli editorialisti di giornali di proprietà della conglomerata delle procure, gli intellettuali con un bersaglio fisso in mente, un Partito democratico come per miracolo unito, il venerabile Scalfari che ha solo un attimo di imbarazzo ma poi a domanda risponde che è giusto che i magistrati abbiano in mano la libertà degli altri perché hanno vinto un concorso statale: bene tutta questa importante materia grigia è solo minoranza, agguerrita, determinata ma pur sempre minoranza. La maggioranza degli italiani invece sa benissimo che l’obbligatorietà dell’azione penale è una favola oscena. Che ogni procuratore ha facoltà di cambiare l’ordine dei suoi dossier, dedicarsi al più succoso di cui prevede che prima o poi lo porterà a fare notizia al Tg delle 20. Quanto alla legge uguale per tutti, si sa che i rapinatori, quando decidono di fare un colpo, si informano anche dei giudici e della giurisprudenza imperante nelle varie città. E’ una questione di pelle: per una maggioranza di italiani, non si stratta più di stigmatizzare le cosiddette toghe rosse, la parte politicizzata della magistratura.
Il Cav. è un moderato, fa tenerezza il suo – e dei suoi – distinguere il grano dall’erbaccia: la toga in quanto tale, la corporazione tutta che ha perso da tempo autorevolezza e la competenza necessaria per essere il baluardo dello stato di diritto. Vale per la giustizia penale, civile e pure sportiva. E’ vista, lei sì, come una casta, dedita a riti barocchi, ben riparata dal corpus legislativo più ridondante e complicato d’Europa, che parla una lingua di altri tempi. Non si tratta più dell’incedere da puttane con un manto di ermellino, che tanto colpì l’allora direttore del Manifesto Luigi Pintor che assisteva all’inaugurazione dell’anno giudiziario, altri tempi e altra sinistra. Oggi è la loro idea di giustizia che è insieme fumosa e furente, obesa di faldoni, commi e sottocommi. La lunga partita contro il Cav. si è giocata con la cultura giuridica nata negli anni di piombo e rafforzatasi nelle emergenze successive: la cultura del “non poteva non sapere”, del “relata refero”, la negazione del principio che la responsabilità penale è individuale.
Se Marco Pannella ha ragione, ce l’ha per difetto. Voler separare le carriere dei magistrati e riconoscere la responsabilità civile  è buona cosa ma ci siamo già cascati un paio di volte. L’amnistia è ancora meglio ma non è da oggi che ci si prova. La battaglia da fare è dunque più grande, più radicale, in tutti i sensi. Rimettere al centro l’individuo e le sue libertà significa rimettere mano sostanziale ai codici, mettere davvero difesa e accusa sullo stesso piano, non di fronte a un gip spesso in debito con le procure ma di fronte a un giudice terzo.

Una battaglia così solo il Cav. può guidarla. Un Cav. che dovrebbe ammettere di aver sbagliato nel 2001 e nel 2008 a non farne la questione centrale e generale, l’ubi consistam del suo essere in politica: anche altri leader o tecnocrati possono fare una decente politica estera, ridistribuire ricchezza o far scendere la pressione fiscale. Ma rovesciare il mondo della giustizia e fare finalmente dell’Italia un paese civile, questo solo lui può farlo: lui, non i suoi figli, non i dirigenti del suo partito. Non si rendono conto quelli che lo vogliono fuori dal Parlamento. Fuori dal Parlamento il Cav. è nato e cresciuto, nel contatto diretto con il popolo sovrano: niente trattative in vista del voto al Senato, niente richiesta di grazia, umiliante e politicamente irrilevante. Per cultura e per il coraggio dimostrato il Cav. è un extraparlamentare. Resti tale e dica addio ad Aule. L’agibilità politica, quella non gliela può togliere nessuno se non gli elettori. Se se la sente, faccia un po’ d’ammuina: lui che varca la porta del carcere simbolicamente sarebbe un trionfo. E un incubo che si rinnoverebbe ogni giorno per i suoi avversari. Vada all’attacco, legga Jacques Vergès più di quanto sta a sentire gli avvocati. Al punto in cui si è non c’è più nulla da difendere, c’è solo da vincere l’ultima battaglia.
Lanfranco Pace Il Foglio

giovedì 22 agosto 2013

La Turco-immigrata

(ANSA)- ROMA, 22 AGO - La proposta del ministro dell'Interno Alfano di far pagare agli Stati di provenienza il vitto e l'alloggio dei detenuti immigrati ha scatenato molte polemiche.In prima linea il Pd,ma anche le associazioni che parlano di trovata elettorale.''In un momento in cui la crisi economica morde -commenta Livia Turco,presidente del Forum Politiche Sociali e Immigrazione dei democratici- è giusto porsi il problema di risparmiare. Tuttavia la proposta di Alfano è assolutamente strampalata".
Perché ?

lunedì 19 agosto 2013

Impeachement

ArchivioLa giornata

Impeachment!

Da Grillo a Tonino, minacce a Re Giorgio peggio di quando lo Zombie coi baffi ci provò con Cossiga

Impeachment! Ah, che scompiglio è in corso. Napolitano non s’azzardi a concedere la grazia a Berlusconi o impeachment sarà! Mentre sul Twiga di Forte dei Marmi (15 agosto, Assunzione della Beata Vergine Maria) planano gli aerei con gli striscioni di Forza Italia, mentre lo spread Btp/Bund tocca quota 237, il minimo degli ultimi due anni (chiusura di Borsa del 14 agosto), mentre Letta (Enrico) dopo aver fatto il bilancio dei cento giorni di governo (9 agosto), volava in Azerbaigian per discutere del progetto Tap, 791 chilometri di gasdotto (11 agosto) per sfoderare in quel di Baku una frase che avrebbe ingelosito anche il mai troppo compianto Massimo Catalano  (“se cade il governo, a settembre si paga l’Imu”), mentre la presidente della Camera Laura Boldrini convocava la Camera su Facebook per il 20 agosto (notizie dal mondo virtuale, 10 agosto) ma in quello reale risultava un ordine del giorno per il 6 settembre  (discussione sull’istituzione del comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali), mentre il presidente del Senato Grasso si esibiva in tutto il suo repertorio (presentazione-saluto-ricordo-orazione-commemorazione) e dunque presentava a Salina il suo libro (9 agosto), si faceva intervistare dal Tg1 per dire che il governo non deve cadere e dunque lui deve restare là dov’è capitato per (dis)grazia bersaniana (10 agosto), ricordava la memoria di Antonio Giaccone (11 agosto), mandava un messaggio per commemorare la strage di Stazzema (12 agosto), mentre accadevano tali strafatti estivi, ecco avvicinarsi in rada, appena sopra l’ombrellone, il vero tormentone da spiaggia, il “Get Lucky” (hit dei Daft Punk) della politica italiana: il ritornello dell’impeachment, la pistola (s)puntata sulla testolina del presidente della Repubblica quando egli ricorda di avere certi poteri, grazia e commutazione della pena compresi.
Toccò a Francesco Cossiga, nel 1991, beccarsi 19 cartelle messe nero su bianco dal comitato della rivoluzione del Pds che lo accusava nientemeno di aver ordito una “concatenazione logico-temporale di atti e comportamenti volti intenzionalmente a modificare la forma di governo”. Andò come doveva andare – con Cossiga che se ne infischiò e coniò uno “zombie coi baffi” per Achille Occhetto –  e finì come doveva finire, cioè con l’archiviazione dei fantasiosi capi d’imputazione. Ieri. E oggi? Il Movimento 5 stelle avrà lo stesso sprezzo del ridicolo mostrato dal Pds ventidue anni fa? Prima nota, squisitamente tecnica. La “procedura” non parte da Largo Fochetti (Roma, Italia), quartier generale di Repubblica, ma da Menlo Park (California, Stati Uniti), sede di Facebook. Segno dei tempi. Ezio Mauro scavalcato da Zuckerberg. Messaggio in bacheca: “Qualsiasi atto di clemenza per Berlusconi sarebbe un atto eversivo. E il presidente dovrebbe essere messo in stato d’accusa per attentato alla Costituzione. Non è una mia posizione personale, anche Grillo è d’accordo e ci stiamo già preparando”. E’ il 13 agosto e così va online il j’accuse del cittadino-facebucchista Michele Giarrusso, senatore grillino. E poi? Il resto, direbbe Mogol, lo scopriremo solo vivendo. Ma la grazia al Cav., giammai. Intanto, al casello dell’impeachment, la stradale segnala in coda il trattorino rosso di Di Pietro da Montenero di Bisaccia. E’ il 14 agosto, Tonino alza l’aratro per avvisare Giorgio: “A nostro parere, se lei concedesse la grazia al Cavaliere, potrebbero profilarsi gli elementi per chiedere l’impeachment per attentato alla Costituzione”.
Cos’è successo nella fortezza del Quirinale? Diamo un’occhiata all’agenda. Il diario del Quirinale è fermo a venerdì 9 agosto, quando Guglielmo Epifani sale sul Colle per prendere istruzioni. E poi? Vedere Epifani può essere noioso, ma non è reato. Ah, eccolo, il documento-sobillatore, la prova regina del disegno destabilizzatore. La “dichiarazione” del presidente della Repubblica del 13 agosto e il passaggio galeotto: “Tocca al presidente della Repubblica far corrispondere un esame obiettivo e rigoroso – sulla base dell’istruttoria condotta dal ministro della Giustizia – per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale che incida sull’esecuzione della pena principale”.  Atto di clemenza? Per il Caimano? All’armi!  Ripasso di diritto costituzionale, seconda parte della Carta, all’articolo 87 leggiamo che il presidente della Repubblica “può concedere grazia e commutare le pene”. Troppa grazia, sant’Antonio. E poi l’ha detto sotto l’ombrellone anche Massimo D’Alema al Messaggero (15 agosto) che nel caso Berlusconi “la legge va rispettata, si può svolgere un ruolo politico anche fuori dal Parlamento. Beppe Grillo non è parlamentare eppure è il leader indiscusso del suo movimento. E poi cosa dovremmo fare? Creare un precedente? La legge è uguale per tutti”. Tiè. Passata la notte, spenti i fuochi in spiaggia, entra in acqua (Agenzia Agi, 16 agosto, ore 11:17) il motosilurante di Fabrizio Cicchitto: “Noi ci interroghiamo ancora sulle ragioni vere che hanno portato a suo tempo il Pds a offrire graziosamente a Di Pietro un seggio nel Mugello e poi al Pd di Veltroni di fare una unica alleanza nel 2008 con la famosa Italia dei valori del medesimo Di Pietro”.
Come finirà quest’anno di grazia e disgrazia? Bastava osservare ieri il Palio dell’Assunta a Siena per capire come va e sempre andrà l’Italia. Correvano in Piazza del Campo i seguenti fantini: Dè, Grandine, Tittia, Tremendo, Trecciolino, Gingillo, Voglia, Amsicora, Girolamo e… Scompiglio.
di Mario Sechi

mercoledì 7 agosto 2013

Giustizia e Munch





Il Presidente della Sezione feriale della Suprema Corte di Cassazione italiana , della  "magistratica" gens Esposito.

No comment . Solo l'urlo di Munch ! Horribilis visu et auditu !


lunedì 5 agosto 2013

Modron il dipendente

Paolo Madron
EDITORIALE

Cav, insuperato maestro nell’uso di utili idioti

Politicanti mediocri e arrivisti si immolano in piazza per il Grande capo. Gente che in una Repubblica normale farebbe a mala pena il consigliere di circoscrizione.

di Paolo Madron
editoriale
Un gruppetto di senza arte né parte, politicanti mediocri, o più spesso arrivisti prestati alla politica, notabili locali di piccolissimo cabotaggio. In una Repubblica normale potrebbero ambire a fare i consiglieri di circoscrizione. Qualcuno, ma sarebbe una professione di fiducia, l’assessore di qualche piccolo Comune.
Com’era appunto Sandro Bondi, ex comunista pentito (di solito i peggiori), che prima di restare folgorato sulla via di Berlusconi faceva il sindaco in quel di Fivizzano, ridente paese adagiato sui molli profili dell’Appennino tosco-emiliano.
In questa Repubblica, così conciata, diventano esponenti di spicco della morente partitocrazia. E arrivano a essere ministri, capobastone, membri della nomenclatura che ruota intorno al Capo e da lui in toto dipende.
LUI SE LI TIENE STRETTI. Da questo punto di vista il Cav è molto migliore dei suoi emuli. Ma siccome è un insuperabile maestro nell’usare pro domo sua schiere di utili idioti, oltre che un virtuoso del divide et impera, se li tiene tutti stretti intorno alla sua tavola.
Certo, dentro di sé li schifa, ne soppesa tutta la pochezza, la furbizia d’accatto, lo stolido opportunismo, anche se non resiste alla loro piaggeria. Come tutti coloro affetti da ipertrofia dell’ego, Silvio si sdilinquisce alle lusinghe. E quelli che gli girano intorno, sapendolo, fanno a gara di ruffianeria.
Ogni tanto, è vero, anche lui non li sopporta e sbotta. Lo scorso autunno, per esempio, quando costoro lo tiravano per la giacchetta perché riscendesse in campo (in verità una parte flirtava con Monti, e questo la dice lunga sul loro fiuto politico, sperando in un prolungamento di carriera) il Cav appalesò momenti di autentica e comprensibile insofferenza. «Quando entrano nel mio ufficio mi verrebbe tanta voglia di prendere e andar via», ebbe a dire dopo l’ennesimo pellegrinaggio di devoti.
COME UN CANE AL POLPACCIO. Sulla Michela Brambilla, la rossa salmonata le cui quotazioni però ora viaggiano al ribasso, disse che le rammentava un cane che si attacca al polpaccio e non ti molla. Su Alfano, con metafora cortese ma pregnante, che gli mancava il quid: un uomo senza un perché, senza qualità.
Questi e altri animali (in senso figurato, per carità) dello zoo pidiellino ce li ritroviamo in un assolatissimo 4 agosto a protestare per l’ingiusta condanna del loro mentore.
Meglio dire di colui da cui dipendono i loro destini, visto che se Silvio non si fosse impegnato in prima persona in campagna elettorale rischiando di vincere le Politiche ora sarebbero a spasso o alle prese con l’anonima occupazione di un tempo. Lontani da privilegi e telecamere, in qualche studio legale o assicurazione, i più fortunati tenuti a galla da qualche poltrona o consulenza che consentisse loro di continuare respirare l’arietta del potere.
LA MARCETTA A SPESE DI SILVIO. Alla manifestazione romana partecipa anche il popolo azzurro, richiamato dalla villeggiatura e caricato sui 500 pullman calati sulla capitale (paga il Cav, naturalmente: vitto, alloggio, lavatura e stiratura direbbe Totò). Una marcetta su Roma preventivamente derubricata da manifestazione a sit-in, quanto basta per far sentire al leader supremo l’affetto dei suoi. E preceduta da una gara a chi la sparava più grossa (dalla Santanchè alla Biancofiore passando per Schifani) con il mite Bondi che li ha però battuti tutti evocando niente di meno che la guerra civile.
Ma tant’è. Il mite Bondi, modi curiali e cuore di poeta, da troppo tempo in naftalina e quasi autoesclusosi dal cerchio magico (a un certo punto sembrava lo assumessero in Mondadori), deve aver intravisto nel pronunciamento della Cassazione la più ghiotta occasione per rilanciarsi. E l’ha sparata grossa. Non sapendo quel che altri due sodali dell’empireo arcoriano, Lele Mora e Emilio Fede, fin da tempi non sospetti avevano intuito: ovvero che il Cav a una guerra civile predilige di gran lunga una Barbara Guerra.

Domenica, 04 Agosto 2013

Così Paolo Modron direttore di Lettera 43.
Teofilo gli ha scritto il seguente commento
  1. Mi pare che  il PDL non Le  piaccia per niente ; quindi il suo “quotidiano on line indipendente “, resterebbe solo con le prime due parole. Niente di male .
  2. Lei è sicuro di essere migliore ( aristos) rispetto ai diversi capi del PDL, da Lei definiti “utili idioti” , che poi a quanto da Lei descritto , non sembrano affatto utili per il Berlusca, né tanto meno idioti per sé stessi ?
  3. Per cortesia può fare analoghi articoli su PD, 5 Stelle, SEL, SC, ecc. ? Un articolo per ciascuno , con i loro quadri e dirigenti .Lo stesso faccia per Organi o Enti dello Stato ecc. 

     E poi ?
    Il Modron non ha pubblicato ; ha invece pubblicato:
    Grande Madron !!! 
    anche tu insuperabile Maestro, portavoce di chi non può più sopportare queste nefandezze.

    Ecco il giornalismo di oggi ; pieno di aperture , spifferi e vortici ; di autoreferenzialità ...( berlusconiana ? )